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La terapia anticancro è “su misura” con i topi avatar

I pazienti possono seguire l’evoluzione del male in una cavia con il loro medesimo tumore per verificare l’efficacia delle cure.
A cura di Redazione Scienze
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Il contributo come cavie da parte dei topolini, con l'ampio dibattito di natura etica che genera, è noto a tutti; quello che forse non tutti sanno è che, da qualche anno a questa parte, i pazienti affetti da tumore possono servirsi di un proprio "avatar" in forma di roditore al quale viene fatto sviluppare lo stesso tipo di tumore.

Come funziona (e quanto costa)

Lo scopo è facilmente immaginabile: testare farmaci e terapie prima su di esso per comprendere quali funzionano al meglio per ciascuna persona affetta. Si tratta di un tipo di trattamento che, attualmente, viene eseguito soltanto in specifici laboratori, in particolare in quelli della compagnia americana Champions Oncology, sede principale in New Jersey e satelliti sparsi un po' in tutto il mondo, da Londra, a Tel Aviv a Singapore. Il paziente interessato può quindi inviare un campione estratto dai medici del suo tumore alla Champions: lì esso verrà depositato ed impiantato in un topo allevato presso un laboratorio di Baltimora.

Il tutto, prevedibilmente, comporta dei costi impegnativi non coperti dal sistema assicurativo statunitense: si parte dai 1.500 dollari per depositare il proprio campione, si passa per i 2.500 per ciascun test farmacologico su gruppi di topi, giungendo così ad un tetto che, di media, è attorno ai 1o-12.000 dollari. Decisamente non molto, considerando che spesso si tratta di salvarsi la vita: peccato che non proprio tutti possano permetterselo. Ma magari da queste sperimentazioni singole potrebbero venire fuori cure di cui, un giorno, beneficeranno persone di tutto il mondo affette da diverse forme di cancro; chi può dirlo.

I limiti del topo avatar

La sperimentazione sui topi consente, innanzitutto, di individuare con certezza se qualcosa non funzionerà sull'uomo; inoltre aiuta a stabilire, con una buona percentuale, le potenzialità di ciascun specifico approccio farmacologico. Certo, bisogna ammettere che si tratta ancora di trattamenti estremamente sperimentali e che non esiste neanche una prova certa del fatto che possano essere migliori di quelli che seguono le linee guida mediche o del ricorso alla genetica per comprendere quali farmaci siano più efficaci. Del resto, i test sui roditori richiedono tempi molto dilatati, nell'arco dei quali i pazienti devono spesso dover iniziare le proprie terapie. Inoltre l'innesto del tumore viene effettuato appena sotto la pelle del topolino e non nei luoghi dove magari è sorto nell'uomo (ai polmoni o al pancreas, ad esempio), non riflettendo affatto l'ambiente tumorale in cui il male si è sviluppato e quindi neanche una eventuale risposta del sistema immunitario.

Prospettive della cura su misura

Eppure, come riportato dal Washington Post ed altri, le speranze per questo tipo di approccio sono alimentate anche da qualche successo: Yaron Panov è un uomo di 59 anni di Toronto che quattro anni fa ha ricevuto la diagnosi di un liposarcoma, neoplasia del tessuto adiposo, per il quale non era possibile indicare alcuna precisa cura farmaceutica. Gli erano stati dati sei mesi di vita ma, attraverso i test sui topi avatar, ha potuto verificare come il primo medicinale che gli era stato prescritto non funzionava a differenza di un altro, più spesso indicato per il cancro al colon. Gli effetti benefici sono risultati duraturi nel tempo, aprendo quindi a nuove prospettive per un futuro modo di contrastare il cancro.

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