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La Settimana Santa di Nocera Terinese e il rito secolare dei “vattienti”

Una processione a tratti macabra ed inquietante dalle antichissime origini che, ogni anno, riunisce la comunità della cittadina calabrese, attirando migliaia di osservatori, studiosi e curiosi. La Pasqua come momento di purificazione attraverso il sacrificio del sangue.
A cura di Nadia Vitali
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Puntuale, come da secoli a questa parte, in occasione della Pasqua a Nocera Terinese, provincia calabrese di Catanzaro con poco più di 4000 anime, si svolgerà una delle processioni religiose più famose al mondo. Come ogni anno, presumibilmente, fotografi e giornalisti giungeranno da tutta Italia e dall'estero, assieme a studiosi, appassionati e semplici curiosi: tutti a caccia di frammenti di emozioni e di immagini che sembrano provenire direttamente da un'altra epoca, chi per limitarsi ad osservare, chi per provare la curiosa percezione di trovarsi, anche solo per un istante, fuori dal tempo. E chi con l'occhio sospettoso e critico che non vuole guardare al potente significato di questo squarcio di tradizione, limitandosi a catalogarlo come “relitto folklorico” o poco più, fotogramma e brutto ricordo di un passato emotivo che ci si illude di aver cancellato in nome di un progresso, di cui si stentano a raccogliere i frutti.

Pasqua, Passaggio – Le sensazioni scatenate da un momento aggregativo come quello che si svolge a Nocera Terinese in occasione della Settimana Santa sono impossibili da dimenticare. E più il rito sarà spettacolare, testimoniando al tempo stesso il coinvolgimento e la partecipazione viva e presente della collettività unita al ricordo di quelle radici che hanno contribuito a renderla quale è, maggiore sarà il turbamento, l'eccitazione, la suggestione, con tutte le infinite sfumature di significato che i sentimenti possono presentare. La comunità si rigenera e rinasce, seguendo quello è l'insegnamento del Cristo Risorto e della natura finalmente di nuovo in fiore e, in questo “passaggio” fondamentale che la porterà al miglioramento morale e spirituale, non dimentica di lasciare il giusto tributo in sacrificio: il proprio stesso sangue versato tra le strade dell'antica cittadina in un rito che, si ripete ancora oggi nello stupore del terzo millennio ma che affonda le proprie radici in remotissimi passati, impossibili da rintracciare.

Uno spettacolo inquietante ed eccezionale – Perché ciò che maggiormente attira gli sguardi, l'attenzione e il biasimo di alcuni, quello che da decenni spinge antropologi e fotografi in quest'angolo di Calabria non è semplicemente la sfilata del meraviglioso gruppo ligneo ritraente la Pietà, bensì la presenza di quelle inquietanti, enigmatiche e forse incomprensibili figure che sono i flagellanti, che qui si chiamano Vattienti. Mentre, nel corso della mattina di Sabato, la Madonna dolente viene portata tra le strade e le piazze, compaiono e si staccano dalla folla, dalle marce funebri e dalle preghiere in coro, in abiti tradizionali, scalzi e con la corona di spine: l'uno è il vattiente, vestito di nero e con le cosce scoperte, colui che ha scelto di immolarsi, molto spesso a causa di un Voto, per un impegno Sacro, per testimoniare gratitudine al Dio che ha concesso una grazia. Avanza legato all'altro, l'Ecce Homo (“acciomu”) che indossa un drappo rosso a cingere i fianchi e porta una croce dai bracci obliqui, avvolta ed ornata da bende rosse. Giunti dinanzi alla Madonna, l'uomo in nero si ferma e, con esso, l'intera processione: prima arrossa le sue cosce con un pezzo di sughero, la “Rosa”, poi inizia a percuotersi fino a perdere copiosamente sangue, tributo doloroso alla madre di tutte le madri. Per farlo utilizza il cardo, un altro pezzo di sughero in cui sono stati conficcati tredici pezzi di vetro (simbolo dell'ultima cena, con Gesù circondato dai 13 apostoli) mentre, di tanto in tanto, il terzo uomo che compone il gruppo, si preoccuperà di versare del vino misto ad aceto sulle piaghe, di modo da rendere più lenta la coagulazione, lasciando così le ferite aperte più a lungo, disinfettando al tempo stesso.

settimana santa processione religiosa

Sopravvissuto ai secoli, il rituale si rinnova – La flagellazione non si ferma dinanzi al simulacro della Vergine, ma prosegue nei luoghi reputati più importanti dalla collettività, sui sagrati delle Chiese o dinanzi alle edicole votive e alle croci. Più tardi, quando finirà la parte più macabra del rituale, con degli impacchi fermerà il sangue e, dopo essersi ripulito, il vattiente prenderà parte alla parte restante di processione: tramite con la Divinità, in atto di preghiera e genuflessione, ritorna tra la folla in paziente attesa della Resurrezione. Il tempo astorico del rito, ogni anno, rinnova il legame con il passato e fa rinascere la comunità nella sua veste nuova: ancora oggi, assediata da incuriositi turisti che si recano in quest'angolo di Calabria, Nocera Terinese ripete questo atto antico che i secoli hanno tramandato di padre in figlio, a dispetto dei pur numerosi tentativi che, nel corso degli anni, le autorità ecclesiastiche hanno compiuto per cercare di porre fine a questa incredibile, tenace ed impetuosa manifestazione di sentire religioso.

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