La protezione del vaccino Covid di Moderna diminuisce del 36% dopo 12 mesi
Nel dibattito sull’importanza della terza dose di vaccino anti-Covid, nuovi elementi a supporto della somministrazione del richiamo arrivano da una nuova analisi dei dati dello studio COVE, il trial clinico di fase 3 su cui si è basata l’autorizzazione del vaccino di Moderna (Spikevax). Il rapporto, pubblicato in preprint su MedRxiv, mostra in particolare che le persone che hanno ricevuto la prima dose delle due dosi di siero anti-Covid tra luglio ed ottobre 2020 (in media 13 mesi fa) hanno maggiori probabilità di contrarre l’infezione rispetto a coloro che hanno iniziato il ciclo vaccinale a due dosi tra dicembre 2020 e marzo 2021 (in media 8 mesi fa).
Questa differenza in termini di probabilità di infezione è stata calcolata in base ai casi di Covid che si sono verificati nel gruppo dei vaccinati più di recente (88 casi su 11.431 persone) rispetto ai casi registrati nel gruppo vaccinato lo scorso anno (162 casi su 14.746 persone) che corrispondono rispettivamente a 49 casi per 1.000 anni-persona e 77,1 casi per 1.000 anni-persona. Pertanto, le persone vaccinate più di recente hanno avuto il 36% di probabilità in meno contrarre l’infezione in meno rispetto a quelle vaccinate da più tempo.
I casi di Covid nei vaccinati includono complessivamente 19 forme gravi e, sebbene non statisticamente significativo, nei vaccinati più di recente è stata osservata una tendenza verso un minor numero di casi severi, con un tasso di 3,3 forme gravi per 1.000 anni-persona, rispetto a 6,2 per 1.000 anni-persona nel gruppo vaccinato lo scorso anno. “L’aumento del rischio di infezione mostrato in questa analisi quantifica l’impatto della diminuzione dell’immunità tra il tempo di follow-up mediano a 8 mesi e 13 mesi dalla prima dose – ha puntualizzato Moderna in una nota – . La società ritiene che questi dati aggiungano l’evidenza del potenziale beneficio di una dose di richiamo”.