La prima milza artificiale
Un gruppo di ricercatori statunitensi ha messo a punto un metodo high-tech per depurare il sangue dalle infezioni, incluse quelle causate da patogeni non identificati. Si tratta di un dispositivo esterno ispirato alla milza le cui caratteristiche potrebbero risultare fondamentali per ripulire il sangue dalle conseguenze legate all'attacco da parte di qualunque batterio e virus, dall'Escherichia Coli all'Ebola. Il lavoro è stato reso noto attraverso un paper pubblicato da Nature Medicine.
Una bio-milza contro tutte le infezioni
Le infezioni sanguigne possono rivelarsi molto difficoltose da trattare e possono causare setticemie, talvolta a decorso fatale. Molto spesso la difficoltà dei medici è nella stessa diagnosi, non essendo sempre possibile individuare cosa è stato all'origine della setticemia. Per questa ragione, la terapia a cui si ricorre prevalentemente è quella antibiotica la quale, tuttavia, presenta una grossa problematica legata al largo spettro di batteri che vengono attaccati dagli antibiotici: l’approccio non risulta sempre funzionale e può, inoltre, portare i batteri a sviluppare resistenza contro questo tipo di farmaco. Nel tentativo di trovare un modo per contrastare definitivamente le infezioni e i gravi rischi ad esse correlati, i ricercatori guidati da Donald Ingber, bioingegnere presso il Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering di Boston, hanno sviluppato una “biomilza” artificiale capace di filtrare il sangue.
Per funzionare il dispositivo si serve di una versione geneticamente modificata della proteina umana MBL (lectina legante il mannosio), la quale si attacca alle molecole di zucchero presenti sulle superfici di oltre 90 batteri differenti, virus e funghi, così come delle tossine rilasciate dai batteri morti che possono portare alla risposta immunitaria della setticemia. Alcune microsfere sono state ricoperte con la MBL: quando il sangue entrava nella biomilza attraverso un canale, come dei piccolissimi magneti agganciavano la gran parte dei patogeni. In seguito, un magnete dello strumento provvedeva ad allontanare le microsfere, immettendo il sangue nell'altro canale attraverso il quale può tornare nell'organismo del paziente.
Risultati molto positivi dalla sperimentazione
Al fine di testare la funzionalità del dispositivo, il gruppo di Ingber ha infettato dei ratti con batteri quali l'Escerichia Coli e lo Staphylococcus aureus: alcune delle cavie, poi, sono state sottoposte a filtraggio del sangue tramite biomilza. Cinque ore dopo aver contratto l’infezione, l’89% dei ratti trattati con filtraggio era ancora vivo contro il 14% di quelli che avevano contratto l’infezione ma non erano stati trattati. In buona sostanza, dal sangue dei “sopravvissuti” era stato rimosso circa il 90% dei batteri presenti mentre le indagini complete sull'organismo delle cavie hanno rivelato meno infiammazioni ai polmoni e ad altri organi, suggerendo quindi una minore probabilità del rischio setticemia.
L’efficacia del trattamento è stata verificata anche sul sangue umano: i ricercatori hanno infatti inviato cinque litri di sangue, contenti un mix di funghi e batteri, nel dispositivo al ritmo di un litro all'ora. In cinque ore la biomilza aveva rimosso la gran parte dei patogeni, con un grado di efficacia che, secondo Ingber, sarebbe sufficiente per tenere sotto controllo un’infezione: «Una volta che la biomilza ha eliminato la maggior parte dei patogeni dal sangue, gli antibiotici ed il sistema immunitario possono combattere le tracce rimanenti di infezione, come i patogeni collocati negli organi» ha spiegato. Il professore sostiene anche che la biomilza potrebbe aiutare nel trattamento di malattie gravissime causate di virus come l’HIV o l’Ebola, nell'ambito delle quali la sopravvivenza del paziente può dipendere da un abbassamento della quantità di virus nel sangue.
Per comprendere quindi al meglio il potenziale del dispositivo, è ora partita la sperimentazione sui suini e, considerando che le trasfusioni e il filtraggio del sangue tramite dialisi sono pratiche estremamente comuni, l’aspettativa dei ricercatori è quella di riuscire a iniziare i trial clinici sugli umani entro un paio di anni. Nigel Klein, immunologo ed infettivologo presso lo University College London, ha spiegato sulle pagine di Nature che la biomilza potrebbe anche essere utile come strumento diagnostico, consentendo di prelevare campioni dei patogeni dal sangue ed aiutando così ad identificarli per determinare il miglior farmaco per l'eventuale trattamento.