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La pandemia di Covid ha raddoppiato le morti di pazienti con insufficienza cardiaca acuta

Lo evidenziano i risultati di un’indagine condotta nel Regno Unito che ha preso in esame i tassi di mortalità registrati in pazienti con scompenso cardiaco acuto prima e durante la pandemia di Covid-19.
A cura di Valeria Aiello
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Un crescente numero di studi scientifici indica che alcune patologie o particolari condizioni cliniche espongono a un maggior rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19. Tra queste l’ipertensione, il diabete, le cardiopatie e l’insufficienza renale, oltre che le patologie legate direttamente all'apparato respiratorio oppure associate a condizioni di immunopressione e oncologiche.  Un nuovo studio, pubblicato dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) ha voluto fare luce sul rischio di prognosi negative ed esiti infausti nei pazienti con insufficienza cardiaca acuta, una sindrome clinica complessa caratterizzata dalla rapida insorgenza di sintomi e segni secondari dovuti all’alterata funzione cardiaca.

L’indagine ha coinvolto 283 pazienti con insufficienza cardiaca acuta ricoverati presso il North Bristol NHS Trust, in Inghilterra, di cui i due terzi presentavano insufficienza cardiaca cronica con peggioramento acuto. Nel dettaglio, un totale di 164 pazienti sono stati ricoverati nel periodo compreso dal 7 gennaio al 2 marzo 2020 (indicato come pre-Covid dagli studiosi) e 119 nel periodo pandemico compreso dal 3 marzo al 27 aprile 2020.

I dati dello studio, pubblicati sulla rivista ESC Heart Failuree hanno indicato che il tasso di mortalità a 30 giorni nei pazienti con insufficienza cardiaca acuta è quasi raddoppiato dopo lo scoppio della pandemia. “Circa l’11%  dei pazienti ricoverati prima della pandemia di Covid-19 è deceduto entro 30 giorni rispetto al 21% dei pazienti ricoverati nel periodo pandemico, con un rapporto di rischio di 1,9”. I ricercatori hanno inoltre esaminato i fattori che possono essere stati responsabili del più alto tasso di mortalità. “L’età avanzata e il ricovero durante la pandemia erano collegati ai decessi dopo l’aggiustamento per altri fattori che potevano influenzare la relazione, con rapporti di rischio di 1,04 e 2,1, rispettivamente – spiegano gli studiosi – . Quando i pazienti con diagnosi di Covid sono stati rimossi dall’analisi, non vi era alcuna differenza di mortalità tra i gruppi prima e dopo Covid, indicando che i pazienti con insufficienza cardiaca acuta e Covid-19 avevano una prognosi più sfavorevole

Un’osservazione che potrebbe suggerire “un'interazione diretta o una suscettibilità a esiti peggiori per i pazienti con insufficienza cardiaca acuta con infezione Covid sovrapposta –  ha precisato Amardeep Dastidar, specialista in cardiologia del North Bristol NHS Trust che ha guidato lo studio – . È interessante anche notare che, durante il periodo di studio, nella nostra regione si sono registrati tassi molto bassi di infezione da Covid e, tuttavia, è stata comunque evidente un’associazione con una mortalità più elevata”.

I risultati dello studio – ha aggiunto Dastidar – supportano l’assegnazione di priorità ai pazienti con scompenso cardiaco per la vaccinazione Covid-19, indicando nel frattempo che questi pazienti debbano essere considerati un gruppo a più alto rischio indipendentemente dall’età, dunque invitati a rispettare le norme di distanziamento interpersonale e indossare la mascherina per prevenire l’infezione”.

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