La lampadina che funziona "a batteri"
Batteri per produrre biocarburanti, batteri per combattere l'inquinamento, batteri per creare luce: gli studi in questa direzione sono sempre più numerosi e porteranno, certamente, allo sviluppo di nuove e complesse tecnologie "pulite" nel corso dei prossimi decenni, in grado di rispondere alle rinnovate esigenze di un pianeta che soffre sempre di più le conseguenze della presenza dell'uomo sul territorio.
Certo, l'ultima novità in questo senso, per il momento, avrebbe un'applicazione pratica non immediatamente chiara; tuttavia merita sicuramente una menzione a causa della sua originalità. Alcuni ricercatori dei dipartimenti di biologia e bioingegneria dell'Università di San Diego, in California, hanno pubblicato su Nature i risultati di un singolare lavoro.
Modificando alcune colonie di Escherichia coli, il batterio, naturalmente presente nella parte inferiore dell'intestino di alcuni animali, incluso l'uomo, è stato reso capace di produrre una proteina fluorescente in accordo con il proprio orologio biologico; successivamente, gli studiosi hanno sincronizzato tra di loro tutte le colonie racchiuse all'interno di ciascun biopixel, facendo così in modo che migliaia di batteri brillassero contemporaneamente, accendendosi e spegnendosi all'unisono.
Una forma d'arte ed una rappresentazione degli incredibili progressi nel campo della bioingegneria? Anche, ma certamente non solo. I «batteri lampeggianti», infatti, non solo provano che la biologia è ormai in grado di agire sulle cellule modificandone quasi a proprio piacimento le strutture, ma in futuro potrebbero aprire la strada ad una tecnologia di sensori a basso costo, sia in termini economici sia in termini di inquinamento.
Attraverso il medesimo metodo, infatti, i ricercatori sono riusciti a sintetizzare un batterio in grado di individuare arsenico nell'acqua e misurarne il livello, indicandolo, naturalmente, attraverso la propria fluorescenza; in futuro, dunque, metalli pesanti e sostanze nocive di vario tipo potrebbero essere rintracciate grazie ai luminosi batteri, forse.