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Covid 19

La “foto” del coronavirus lo mostra nei minimi dettagli: perché si chiama così

Un render realizzato dai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) americani mostra le varie componenti del nuovo coronavirus emerso in Cina sin nei minimi dettagli. Oltre alle spicole di glicoproteina che emergono dal pericapside, l’involucro esterno del patogeno, la morfologia ultrastrutturale evidenzia anche le piccole proteine che costellano la superficie.
A cura di Andrea Centini
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La morfologia ultrastrutturale del nuovo coronavirus Credit: Centers for Disease Control and Prevention (CDC) in Atlanta, Georgia, U.S. January 29, 2020. Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM/CDC/Handout
La morfologia ultrastrutturale del nuovo coronavirus Credit: Centers for Disease Control and Prevention (CDC) in Atlanta, Georgia, U.S. January 29, 2020. Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM/CDC/Handout
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Una spettacolare immagine realizzata al computer del nuovo coronavirus emerso in Cina (2019-nCoV) ne mostra l'aspetto sin nei minimi dettagli. A pubblicarla in seno a un'illustrazione i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie o CDC (Centers for Disease Control and Prevention) degli Stati Uniti, uno dei principali enti di sanità pubblica del Paese nordamericano. L'immagine è stata diffusa anche dall'Università di Manoa, isole Hawaii.

Si tratta di un render che mette in evidenza la cosiddetta morfologia ultrastrutturale del virus, cioè mostra le singole, infinitesime componenti dell'agente patogeno. Poiché il diametro di questi virus a RNA circolari si attesta attorno ai 100 nanometri (un nanometro è pari a un miliardesimo di metro), per poterle osservare non sono sufficienti i comuni microscopi ottici. Sono indispensabili i potentissimi microscopi elettronici o ionici ad elevata risoluzione. Le prime immagini reali e in bianco e nero del nuovo coronavirus catturate con questi strumenti sono state recentemente pubblicate dal National Microbiology Data Center (NMDC), e fanno comprendere bene come mai questi patogeni sono chiamati “coronavirus”. La ragione risiede nel fatto che visti dall'alto presentano un aspetto a corona, dovuto alle spicole (o “spike”) che costellano la superficie esterna del virus. Si tratta di strutture di glicoproteina che attraversano il pericapside o peplos del patogeno, il suo involucro.

L'illustrazione realizzata da Alissa Eckert e Dan Higgins per i CDC di Atlanta mostra le spicole dal punto di vista tridimensionale, che appaiono come chiodi rossi conficcati nel peplos. Il render è così dettagliato che mette in evidenza anche le componenti più piccole del coronavirus 2019-nCoV; i frammenti arancioni, più diffusi, sono accumuli di proteina M; quelli gialli sono proteina E, mentre quelli biancastri-grigi, più appiattiti ed espansi, sono proteina HE, in base a quanto indicato dall'illustrazione con testo di Medical Research.

Immagine

Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva che tiene traccia della diffusione del coronavirus, il nuovo patogeno ha contagiato poco meno di 10mila persone, delle quali 213 sono decedute. Sono stati accertati anche i primi due casi di nuovo coronavirus in Italia, due turisti cinesi in visita a Roma, prontamente trasferiti allo Spallanzani. In due articoli pubblicati su The Lancet sono stati invece riportati tutti i sintomi e le complicanze noti associati all'infezione respiratoria.

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