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La febbre del Nilo, un frutto della globalizzazione

L’arrivo di patologie esotiche, grazie alla globalizzazione, potrebbe cambiare il futuro dello scenario sanitario dell’occidente. Paradigmatica, in proposito, la diffusione del virus del Nilo Occidentale.
A cura di Nadia Vitali
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L'arrivo di patologie esotiche, grazie alla globalizzazione, potrebbe cambiare il futuro dello scenario sanitario dell'occidente. Paradigmatica, in proposito, la diffusione del virus del Nilo Occidentale.


Non è un mistero: la globalizzazione, le masse, sempre più corpose, di individui e di beni commerciali che si spostano ormai con frequenza quotidiana, hanno comportato la diffusione di numerose specie invasive, tra cui molte sono patogene; complice il riscaldamento globale, i nuovi arrivati hanno potuto adattarsi e proliferare anche in territori estremamente differenti da quelli di appartenenza. Un fenomeno per cui è previsto un aumento nei prossimi anni che, con tutta probabilità, modificherà profondamente lo scenario mondiale delle malattie.

Caso emblematico di questa tendenza è l'introduzione del Virus del Nilo Occidentale (WNV) che sembrerebbe essere giunto in Nord America grazie ad una zanzara trasportata in aereo nel 1999; uno studio pubblicato su Science curato da A. Marm Kilpatrick del dipartimento di Ecologia e Biologia evolutiva dell'Università della California, frutto della ricerca decennale sulle evoluzioni del virus, ha analizzato i meccanismi legati alla trasmissione della malattia, focalizzandosi sui fattori che hanno semplificato questo processo, al fine di costruire un modello di prevenzione per il futuro, sulla base dello studio dei vettori responsabili della diffusione.

Il virus, una volta giunto nel nuovo territorio, si è rapidamente adattato, evolvendo in un nuovo ceppo più forte ed efficiente, al punto che già nel 2005 il ceppo modificato aveva totalmente rimpiazzato il vecchio. Nel Nord America il WNV ha trovato ambienti dove proliferare ottimali nelle zone interessate da un'alta urbanizzazione o da una intensa attività agricola, in parte proprio a causa della maggiore abbondanza di vettori nelle aree modificate dalla mano dell'uomo; ragione per poter affermare che proprio le abitudini degli animali che ospitano i virus giocano un ruolo fondamentale nella diffusione del morbo.

Il dato apre lo scenario alla possibilità di poter agire su possibili ondate virali degli anni che verranno. Ai progressi della biologia e, in generale, della scienza, spetta infatti l'arduo e complesso compito di prevedere l'incidenza della malattia su esseri umani ed animali, di modo da applicarla alle minacce che il futuro potrebbe prospettarci. Attualmente, in Italia, diversi focolai di febbre del Nilo sono stati individuati in alcune zone del Nord Italia, mentre gli ultimi casi accertati si sono verificati recentemente in Sardegna: per il momento, tuttavia, la situazione non è allarmante e l'Azienda Sanitaria Locale ha già predisposto la bonifica di tutte le aree umide interessate.

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