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“La colchicina riduce del 25% i ricoveri per Covid”: da rimedio egizio a grande speranza di cura

L’alcaloide originariamente estratto dallo zafferano selvatico e attualmente utilizzato come farmaco per il trattamento della gotta ha dimostrato di poter ridurre le complicazioni associate a Covid-19, secondo i risultati preliminari di uno studio condotto in Canada, Stati Uniti, Europa, Sud America e Sud Africa.
A cura di Valeria Aiello
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La colchicina, uno dei farmaci più datati, ha fornito una prova clinicamente convincente della sua efficacia nel trattamento di Covid-19. Da anni utilizzata per il trattamento della gotta e più recentemente nella prevenzione delle riacutizzazioni di patologie autoinfiammatorie come la febbre mediterranea familiare, era conosciuta già al tempo degli antichi egizi come rimedio di un estratto dello zafferano selvatico contro il gonfiore. L’alcaloide derivato da questa pianta officinale, descritto per la prima volta in un papiro medico risalente a circa il 1.550 a.C. (il Papiro di Ebers dal nome dell’egittologo tedesco Georg Ebers che nel 1873 lo acquistò da un antiquario), rappresenta oggi una delle grandi speranze nella cura dell’infezione da coronavirus Sars-Cov-2. Il trattamento con colchicina ha infatti dimostrato di prevenire la cosiddetta “tempesta di citochine” e ridurre le complicazioni associate a Covid-19, secondo i dati preliminari di una sperimentazione condotta in Canada, Stati Uniti, Europa, Sud America e Sudafrica.

I risultati, in attesa di revisione per la pubblicazione su una rivista scientifica, sono stati anticipati dal Montreal Heart Institute (MHI) che ha coordinato il programma Colcorona, uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo che ha coinvolto circa 4.500 pazienti trattati a domicilio. L’analisi ha dimostrato che la colchicina ha ridotto del 21% il rischio di morte o ospedalizzazione nei pazienti con Covid-19. Nel dettaglio, all’uso del farmaco è stato associato un calo del 25% dei ricoveri, del 50% della necessità di ventilazione meccanica e del 44% della mortalità per Covid-19 rispetto al placebo. “Questa importante scoperta rende la colchicina il primo farmaco orale al mondo che potrebbe essere utilizzato per il trattamento di pazienti con Covid-19 non ospedalizzati” affermano gli studiosi.

Il trattamento precoce con la colchicina di pazienti a rischio di sviluppare complicanze, spiegano i ricercatori, può ridurre il rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19 e, di conseguenza, riduce il numero di ricoveri. “Siamo lieti di offrire il primo farmaco orale al mondo il cui uso potrebbe avere un impatto significativo sulla salute pubblica e potenzialmente prevenire le complicanze del Covid-19 per milioni di pazienti – ha affermato il Principal Investigator dello studio, il professor Jean-Claude Tardif, direttore del MHI Research Center e docente di medicina presso l’Università di Montreal – Il nostro innovativo programma di ricerca dimostra inoltre che il Montreal Heart Institute può compiere rapidi progressi scientifici in un modo economicamente fattibile per i pazienti riutilizzando i farmaci esistenti”.

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