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La Cina invia i suoi astronauti ad abitare l’orbita terrestre

Il prossimo 16 giugno un equipaggio di tre taikonauti – tra cui la prima astronauta cinese – partiranno alla volta di Tiangong-1, il modulo abitabile in orbita intorno alla Terra.
A cura di Roberto Paura
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A pochi mesi dal traguardo della messa in orbita del suo primo modulo spaziale abitabile, Tiangong-1 (il “Palazzo Celeste”), la Cina è prossima a mettere a segno un altro successo storico nel suo ambizioso programma spaziale: sabato, a bordo del Shenzhou-9, tre taikonauti (come sono chiamati gli astronauti cinesi), partiranno per raggiungere il Tiangong-1 e fare della Cina il terzo paese al mondo, dopo Stati Uniti e Russia (all’epoca Unione sovietica), ad “abitare” l’orbita terrestre.

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La Cina alla conquista del quarto ambiente – Non è proprio una stazione spaziale, il Tiangong-1, ma solo un modulo come i vecchi SkyLab americani lanciati tra gli anni ’70 e ’80, all’interno dei quali venivano realizzati i primi rudimentali esperimenti in orbita. Lunga dieci metri con un diametro di appena tre metri, non è probabilmente quel “palazzo celeste” a cui si riferisce il nome in cinese, ma è pur sempre un modo per dimostrare all’Occidente gli straordinari passi avanti realizzati dal governo di Pechino in appena nove anni, da quando – era il 2003 – venne lanciato in orbita il primo taikonauta. Il lancio del 16 giugno sarà reso storico anche da un altro dettaglio: per la prima volta ci sarà anche un’astronauta donna, a completare l’equipaggio composto in tutto da tre membri. In realtà, quale sarà l’equipaggio a partire ancora non si sa: il governo cinese ha selezionato due squadre, ciascuna guidata da un veterano dei precedenti voli umani nello spazio e da una donna. Solo il giorno prima del lancio verrà selezionato l’equipaggio definitivo.

Dieci giorni in obita – A sollevare lo Shenzhou-9, capsula dal design ricavato da quello della Soyuz, sarà un razzo Lunga Marcia 2F. Gli astronauti impiegheranno due giorni di volo per arrivare in vista del Tiangong-1, a cui attraccheranno quindi non prima di lunedì prossimo. Resteranno in orbita nel modulo abitabile per dieci giorni, usufruendo anche dello spazio della navicella attraccata al modulo, prima di far ritorno sulla Terra. L’impresa fa parte di un più vasto programma che punta a dotare la Cina di una vera e propria stazione spaziale, di cui i moduli Tiangong non costituiscono che prototipi sperimentali. Una volta dimostrata la capacità di immettere correttamente in orbita i moduli e renderli abitabili per un breve periodo di tempo, la Cina provvederà a realizzare i primi esperimenti di aggancio tra loro di vari moduli. Già sono stati portati a compimento i primi test in orbita volti a verificare la fattibilità tecnica di un aggancio in orbita tra due veicoli spaziali, come gli Stati Uniti fecero nei primi anni ’60 con il programma Gemini, test fondamentale per il programma Apollo. Il prossimo passo sarà quindi far agganciare in automatico due moduli di tipo Tiangong, e quindi dimostrare il possesso  della tecnologia necessaria per costruire una stazione spaziale del tipo della Mir sovietica o della ISS, entrambe costituite dall’assemblaggio di più moduli.

tiangong_aggancio

Una stazione spaziale cinese – La prima fase sperimentale del programma dovrebbe proseguire fino al 2016, mentre nei quattro anni successivi si provvederà all’assemblaggio della stazione. Ai cinesi non è mai andato giù il mancato invito alla realizzazione congiunta della Stazione Spaziale Internazionale (ISS): per gli USA era prioritario evitare che tecnologie sensibili cadessero nelle mani di una potenza, se non ostile, comunque rivale. I cinesi hanno tuttavia dimostrato di saper fare tutto in casa proprio, copiando un po’ dai vecchi programmi sovietici (grazie anche al fatto che, ai tempi della collaborazione Cina-Urss, le due potenze comuniste si scambiarono tecnici, scienziati e know-how): in pochi anni hanno recuperato una parte del terreno perduto rispetto agli americani, e puntano a superarli nella corsa per ritornare sulla Luna.

Rotta verso la Luna – Nel 2009 i due satelliti Chang’e sono entrati in orbita intorno alla Luna, mappando la superficie del satellite. Ora la Cina lavora al lancio di un rover lunare automatico, a cui farà seguito un’ambiziosa missione volta al recupero di circa 2 kg di rocce lunari da far tornare sulla Terra, per testare anche la capacità di una missione andata-ritorno dalla Luna. Tutto ciò dovrebbe avvenire entro i prossimi otto anni, dopodiché dal 2020 si inizierà a lavorare alla prima missione umana cinese con destinazione Luna. E poiché la Cina, a differenza di molti altri paesi, ha sempre dimostrato di saper rispettare le scadenze, gli scommettitori sono già pronti a puntare sul fatto che i cinesi saranno i primi a ritornare sul nostro vecchio satellite naturale.

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