La carenza di vitamina D accelera il declino cognitivo
Gli adulti con bassi livelli di vitamina D corrono il rischio di andare incontro ad un declino cognitivo più rapido rispetto a quelli che presentano livelli adeguati della stessa vitamina: lo affermano i ricercatori della Rutgers University che firmano un articolo pubblicato da Jama Neurology.
È noto che la vitamina D è fondamentale per la salute ossea ma i ricercatori si sono soffermati, questa volta, sugli effetti che ha sull'intero organismo e, dunque, anche sul cervello. Il gruppo condotto dal professor Joshua Miller ha condotto ricerche tra il 2002 e il 2010 presso il centro per l'Alzheimer della University of California-Davis.
Delle 382 persone coinvolte sono stati valutati i livelli di vitamina D e le capacità cognitive una volta all'anno per una media di cinque anni: i partecipanti avevano un'età compresa tra i 60 e i 90 anni, ma i settantenni costituivano il gruppo più ampio; tra di loro c'erano persone affette da demenze, persone che stavano andando incontro ad una progressiva perdita delle capacità cognitive, persone che non presentavano problemi. Il campione contava uomini bianchi, afroamericani ed ispanici. In ogni caso, la maggior parte (61%) mostrava bassi livelli di vitamina D nel sangue. È stata così osservata un'associazione tra bassi livelli di vitamina D e un più rapido declino cognitivo, fenomeno che risulta indipendente dall'appartenenza etnica.
C'erano persone che, pur avendo un livello basso di vitamina D nel sangue, non mostravano segnali di declino cognitivo, mentre altri presentavano quantità adeguate e nonostante ciò aveva problemi: «Ma mediamente, gli individui con bassi livelli di vitamina D vanno incontro ad un declino più rapido di due o tre volte, rispetto agli altri». Questo significa che, in ogni caso, saranno necessari studi più approfonditi al fine di comprendere se un supplemento di vitamina D possa essere utile a tutelare la salute degli adulti dai problemi legati al declino cognitivo.
Per garantirsi una buona riserva di vitamina D nell'organismo è necessaria in primo luogo l'esposizione alla luce solare. Per via alimentare, invece, la cosa è un po' più complessa perché i quantitativi presenti nei cibi sono piuttosto bassi: un cucchiaino (o una pillola) di olio di fegato di merluzzo al giorno può essere utile, soprattutto per le persone anziane. Seguono poi pesci come lo sgombro e il salmone, o il succo d'arancia, le uova, i formaggi e il fegato: in questi casi, però, bisognerebbe mangiare veramente quantità troppo elevate di questi cibi per soddisfare il fabbisogno.