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L’origine e la storia degli Europei svelate dal DNA

I dati ricavati da diversi scheletri risalenti a migliaia di anni fa hanno consentito ai ricercatori di ricostruire una complessa storia di migrazioni ed incontri tra popolazioni diverse che giunge fino a noi.
A cura di Nadia Vitali
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Rappresentazione di una cellula con mitocondri (in blu) in evidenza
Rappresentazione di una cellula con mitocondri (in blu) in evidenza

Il lungo cammino che trasformò i nostri antenati cacciatori e raccoglitori in agricoltori stanziali, capaci di fondare villaggi e dar vita a civiltà, appare oggi meno oscuro nelle sue linee fondamentali, grazie ad un ampio studio condotto dagli esperti dell'Australian Centre for DNA (ACAD) di Adelaide, i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista Science ed illustrati in un articolo della BBC. La storia genetica degli europei moderni, infatti, è stata ricostruita attraverso l’analisi del DNA ricavato da 364 scheletri antichi provenienti dal territorio della Germania, crocevia di grande rilevanza per le culture preistoriche. Le caratteristiche rese note grazie a specifici esami hanno consentito agli scienziati di ricostruire il complesso mosaico di scambi genetici, spesso conseguenti ad incontri con nuove popolazioni, verificatisi lungo un arco di tempo di circa 4.000 anni durante i quali i flussi migratori ridisegnarono la geografia umana dei primi europei moderni.

Scegliendo di concentrarsi su questa relativamente piccola ma significativa area geografica, importante anche in ragione della grande quantità di reperti restituiti nel corso di decenni di scavi e ritrovamenti fortuiti, i ricercatori ritengono di essere riusciti a registrare dati relativi ai mutamenti genetici "in tempo reale" avvenuti tra 7.500 e 3.500 anni fa, ossia dall'età dei primi coltivatori fino all'inizio dell'età del bronzo. I risultati dello studio, in buona sostanza, rifiutano il quadro generale comunemente accettato secondo il quale gli europei non sarebbero altro che il frutto della semplice mescolanza di tra gli indigeni, ancora cacciatori-raccoglitori, e i loro vicini mediorientali che "importarono" l'agricoltura; ne favoriscono, invece, un altro all'interno del quale gli incontri e gli scambi genetici tra culture molto differenti, e di differente provenienza, furono diversi e snodatisi nell'arco di quattromila anni, con l'avvicendamento di ondate provenienti da luoghi e archi cronologici diversi, e con le difficoltà legate alla reciproca integrazione che si protrassero per millenni.

Il professor Wolfgang Haak e i suoi colleghi hanno analizzato il DNA estratto dai denti e dalle ossa di diversi resti in buono stato di conservazione, provenienti per lo più dal sito tedesco di Mittelelbe-Saale, noto per la presenza di diverse strutture megalitiche, testimonianza del passato preistorico dell'area. In particolare, l'attenzione degli studiosi si è appuntata sul DNA mitocondriale (mtDNA), ossia sulle informazioni genetiche contenute nei mitocondri, gli organelli deputati principalmente alla produzione di energia per le cellule. L'mtDNA viene spesso utilizzato nell'ambito della genetica poiché depositario di dati fondamentali: esso infatti si trasmette per via materna ed ha già aiutato i ricercatori in molti casi ad indagare sulla storia genetica matrilineare delle diverse popolazioni umane, consentendo di individuarne i distinti lignaggi nell'affannoso tentativo di poter riscoprire la "Eva mitocondriale", madre di tutte le etnie e, dunque, di ciascun essere umano.

Dalle analisi e dal confronto dei dati è emerso come i cacciatori-raccoglitori originari dell'Europa centrale furono sopraffatti dai nuovi venuti che giungevano dall'Anatolia all'incirca 7.500 anni fa. La maggior parte di questi autoctoni presentava un aplogruppo del DNA mitocondriale (raggruppamenti di mutazioni che servono a ricostruire l'albero filogenetico) contrassegnato dalla lettera U, mentre i coltivatori giunti portavano con sé altri lignaggi provenienti dal Medio Oriente. All'incirca 6.100 anni fa, l'agricoltura venne introdotta anche in Scandinavia, come è stato possibile rilevare dalla comparsa del medesimo patrimonio genetico mitocondriale anche in quella regione. Successivamente, i discendenti di questi scambi genetici avvenuti con i primi coltivatori giunti in Europa centrale vissero un periodo di nuovi mutamenti: esami del DNA hanno infatti rivelato come circa un millennio più tardi il lignaggio genetico associato agli agricoltori mediorientali andò incontro ad un declino che riportò l'aplogruppo autoctono dei cacciatori-raccoglitori a tornare dominante sul territorio.

Le ragioni di tale fenomeno non appaiono chiarissime neanche agli esperti che sostengono che tale evidenza potrebbe costituire la materia per studi successivi; non si escludono le ipotesi di un brusco mutamento climatico associato, come spesso accade, al diffondersi di particolari epidemie. Quel che invece è certo è che il processo di incontro/scontro, fusione e conoscenza tra le popolazioni preesistenti e i gruppi migratori che si insediarono sui territori europei, portando con sé le fondamentali conoscenze che determinarono lo sviluppo di tutta l'area, fu lungo e non privo di asperità: basti pensare che le culture che coltivavano e quelle dei raccoglitori convissero accanto, con un tasso di interscambio genetico bassissimo, per circa 2.000 anni dopo l'introduzione dell'agricoltura. A rivelarlo è un altro studio pubblicato da Sciencecondotto dai ricercatori dell'università tedesca di Mainz, che ha esaminato campioni di materiali risalenti al mesolitico e neolitico provenienti dal sito di Blätterhöhle.

A partire dai 4.800 anni fa, inoltre, nuovi lignaggi potevano essere identificati sul territorio germanico, associati all'imporsi della cultura identificata come Corded Ware (in ragione delle caratteristiche decorazioni delle loro ceramiche) che dal 2.900 a. C. circa sorse nell'Europa centrale. Tale cultura viene tradizionalmente ritenuta proveniente dall'Europa orientale: effettivamente, le indagini genetiche hanno rivelato un patrimonio affine a quello di gruppi umani presenti attualmente nelle regioni baltiche e del Caucaso. Poco tempo dopo, una seconda ondata, nota come "Cultura del vaso campaniforme" giunse nel medesimo territorio, questa volta da ovest, presumibilmente dalla penisola iberica: furono questi i responsabili della diffusione dell'aplogruppo di tipo H, fondamentalmente assente nell'Europa dei cacciatori e raccoglitori – e poco presente presso i primi agricoltori – ed oggi lignaggio dominante nel Vecchio Continente. Ultimo tassello, almeno tra quelli che sono stati identificati grazie agli studi recenti e alle moderne tecnologie, di quel lungo cammino di mescolanza e interscambio che ci ha resi quelli che siamo: giusto per ricordare a chi ne avesse bisogno che, quando si parla di umanità, il concetto di "purezza" è semplicemente inapplicabile.

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