L’Iran manderà una scimmia nello spazio
L’Iran intende fare sul serio con il suo programma spaziale. Dopo aver lanciato lo scorso anno un satellite di cinquanta chili per l’osservazione della Terra, con compiti di studio del clima del pianeta e di supporto alla gestione delle emergenze ambientali, il governo degli ayatollah ha reso noto che a febbraio sarà effettuato un nuovo tentativo di inviare una scimmia in orbita intorno alla Terra. L’Iran ci aveva già provato nel settembre 2011, con esiti infausti, anche se non vennero forniti particolari su cosa fosse andato storto. “La fase di test delle capsule abitabili è terminata e le scimmie da spedire nello spazio sono attualmente in quarantena” ha fatto sapere il direttore dell’agenzia spaziale iraniana, Hamid Fazeli. Il lancio avverrà nel corso delle cerimonie del Fajr, che si tiene all’inizio di febbraio per celebrare la Rivoluzione del 1979. La capsula è stata battezzata “Pishgam”, ossia pioniere.
L'Iran nello spazio – E in effetti si tratta di una programma pionieristico. L’Iran si è affacciata da poco fuori dall’atmosfera terrestre e ha dimostrato di avere le tecnologie e la determinazione per portare avanti un ambizioso programma spaziale. Il primo satellite è stato lanciato con successo nel 2009. Sono seguiti il lancio di una capsula che ospitava un topo, due tartarughe e un verme, e nel 2011 un primo satellite di telerilevamento con l’obiettivo di mappare il pianeta. I vari satelliti sono stati inviati in orbita con vettori diversi. Proprio quest’ultimo particolare ha portato diversi osservatori internazionali a chiedersi se il programma spaziale iraniano non sia un tentativo di camuffare i propri test missilistici. Il razzo a due stadi Safir è stato il primo a dimostrare la capacità iraniana di raggiungere l’orbita terrestre. Il Safir può anche adattarsi a fungere da missile balistico intercontinentale per portare una testata su un obiettivo militare a migliaia di chilometri di distanza.
Le scimmie astronaute – La capsula Pishgam sarà spedita in orbita bassa a 120 chilometri di altitudine da un razzo Kavoshgar-5, una versione modificata del Safir. A bordo vi sarà un macaco proveniente dal Sud-est asiatico i cui parametri vitali saranno monitorati nel corso dell’ascesa per dimostrare che il modulo abitabile è in grado di sostenere esseri viventi durante la complessa fase di lancio. Per la loro stretta parentela con gli uomini, le scimmie sono state spesso usate per test nello spazio. In totale ne sono state lanciate 32, la prima delle quali – Albert, un macaco – a bordo di un razzo V2 modificato dagli americani nel 1948. La maggior parte è morta dopo il volo o in fase di rientro. Solitamente, per limitare al massimo lo stress dell’animale, viene effettuata una leggera anestesia prima del lancio. Il macaco iraniano dovrebbe rientrare sano e salvo sulla Terra dopo un volo orbitale di circa venti minuti.
Un programma militare? – Il programma spaziale dell’Iran prevede di lanciare un astronauta nello spazio nel 2020 e di fare atterrare un iraniano sulla Luna nel 2025. Obiettivi ambiziosi condivisi da molti paesi. Oltre alla Cina, che appare il miglior candidato per far tornare gli uomini sulla Luna in tempi ragionevolmente brevi, anche l’India e persino la Nigeria puntano a inviare astronauti in orbita nei prossimi anni e non nascondono le loro mire lunari. L’Iran è però sotto osservazione dalla comunità internazionale. Come nel caso del Sud Africa durante il regime dell’apartheid e la Corea del Nord oggi, le velleità spaziali potrebbero nascondere un programma missilistico volto a dotare il paese di una capacità di gittata intercontinentale per le proprie testate nucleari. La Corea del Nord ha lanciato con successo il suo primo satellite lo scorso 12 dicembre, provocando dure reazioni da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Ma il regime di Pyongyang, così come quello di Teheran, hanno dimostrato di possedere solide capacità tecnologiche nel settore spaziale nonostante l’embargo internazionale.