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Jan Palach, il fuoco che voleva scuotere la coscienza di un popolo

Jan Palach aveva ventun’anni quando decise di darsi fuoco pubblicamente a Piazza San Venceslao, nella capitale cecoslovacca dove, pochi mesi prima, erano entrati i carri armati sovietici, soffocando le speranze di liberalizzazione politica che avevano visto un eccezionale fiorire nel corso della Primavera di Praga. Morì il 19 gennaio del 1969 e, oggi, è ancora importante ricordare questo studente, in un mondo in cui le rivolte e le proteste contro l’ingiustizia continuano ad essere protagoniste.
A cura di Nadia Vitali
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Jan Palach aveva ventun anni quando decise di darsi fuoco pubblicamente nella Piazza San Venceslao di Praga, dove pochi mesi prima erano entrati i carri armati sovietici, soffocando le speranze di liberalizzazione politica che avevano visto un eccezionale fiorire nel corso della Primavera di Praga. Era il 16 gennaio del 1969 e, oggi, è ancora importante ricordare questo studente, in un mondo in cui le rivolte e le proteste contro l ingiustizia continuano ad essere protagoniste.

La primavera araba iniziò, un anno fa ormai, con un uomo che si diede alle fiamme, la Primavera di Praga conobbe una durissima repressione che la portò a concludersi in una maniera ugualmente tragica, con uno studente che nel centro di Piazza San Venceslao, cosparse il proprio corpo di benzina e lo appiccò con un accendino. Era il 16 gennaio del 1969 e, dopo un'agonia in ospedale nel corso della quale restò sempre lucido, Jan Palach si spense il 19 gennaio del 1969. Patriota per caso o per volontà, aveva 21 anni.

Giovane ed entusiasta, aveva vissuto nella sua città durante quella Primavera che sarebbe stata stroncata brutalmente con l'invasione da parte delle truppe sovietiche. All'inizio del 1968 la Cecoslovacchia conobbe una stagione di grande liberalizzazione e democratizzazione, in cui si iniziarono a rivedere quelle restrizioni sulle libertà di pensiero e di movimento che venivano imposte da Mosca; Alexander Dubcek era il leader politico che si fece promotore di questo movimento, il cosiddetto «socialismo dal volto umano».

Decisione che, inevitabilmente, non risultò gradita alla Russia che soprattutto non poteva tollerare il decentramento sotteso a questo genere di manovre: così il 20 agosto dello stesso anno i carri armati e le milizie dei paesi aderenti al Patto di Varsavia entrarono a Praga, tutte le riforme precedenti all'invasione vennero praticamente annullate, chi riuscì scappò frettolosamente verso gli stati dell'Europa occidentale, chi restò assistette al mesto spettacolo della repressione di tutte le istanze liberali che avevano agitato le strade della vivace capitale della Cecoslovacchia.

Jan Palach aveva ventun anni quando decise di darsi fuoco pubblicamente nella Piazza San Venceslao di Praga, dove pochi mesi prima erano entrati i carri armati sovietici, soffocando le speranze di liberalizzazione politica che avevano visto un eccezionale fiorire nel corso della Primavera di Praga. Era il 16 gennaio del 1969 e, oggi, è ancora importante ricordare questo studente, in un mondo in cui le rivolte e le proteste contro l ingiustizia continuano ad essere protagoniste

Le proteste non violente divennero la triste consuetudine, per un'occupazione che finì solo nel 1990, con la definitiva disfatta dei regimi sovietici. Tra tutti coloro i quali ebbero il coraggio di manifestare il proprio dissenso nei confronti di quella violenta presa di potere sul territorio, Jan Palach scelse il modo più tragico, a testimonianza dell'afflizione che ormai era entrata nelle case e nelle anime di tutti. Scelse accuratamente di non far ardere assieme a sé i propri scritti, nei quali, tra l'altro, sosteneva che altri studenti sarebbero stati pronti a darsi alle fiamme per «scuotere la coscienze di un popolo».

Effettivamente, Jan Palach fu il primo ma non l'ultimo: silenziosamente e disperatamente furono in sette a scegliere la sua stessa strada, tra essi anche l'amico Jan Zajíc. Sono gli eroi, i patrioti di quel piccolo paese che ora non esiste più, scisso nelle sue due grandi identità quella ceca e quella slovacca, i simboli della lotta non solo contro il regime sovietico ma contro tutte le tirannidi che opprimono il genere umano in ogni terra ed in ogni epoca.

Jan Palach aveva ventun anni quando decise di darsi fuoco pubblicamente nella Piazza San Venceslao di Praga, dove pochi mesi prima erano entrati i carri armati sovietici, soffocando le speranze di liberalizzazione politica che avevano visto un eccezionale fiorire nel corso della Primavera di Praga. Era il 16 gennaio del 1969 e, oggi, è ancora importante ricordare questo studente, in un mondo in cui le rivolte e le proteste contro l ingiustizia continuano ad essere protagoniste

Gli organi di informazione, tutti rigorosamente controllati dal regime, non fecero mai parola di questi drammatici episodi. Ciononostante, i funerali di Jan Palach divennero un evento nazionale a cui parteciparono migliaia di cittadini provenienti da tutto il paese. Solo dopo la caduta del comunismo e il crollo del muro di Berlino, grazie anche a Václav Havel il leader della rivoluzione di velluto, il sacrificio dello studente, morto per la libertà del suo paese, venne riconosciuto e rivalutato in tutto il suo tragico, disperato valore.

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