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Italiani scoprono interruttori che “frenano” la crescita del cancro al seno e il rischio di recidiva

Colpendo due piccole molecole chiamate MiR-146a e MiR-146b fortemente presenti nelle cellule tumorali del cancro al seno, un team di ricerca italiano ha scoperto che è possibile frenare la proliferazione del tumore e ridurre il rischio di recidiva e diffusione delle metastasi. I test al momento sono stati condotti in vitro e su modelli animali, ma l’identificazione di questa “vulnerabilità nascosta” può aprire le porte a nuove, innovative terapie.
A cura di Andrea Centini
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Ricercatori italiani hanno identificato due piccole molecole che, se colpite e disattivate, “staccano la spina” alla produzione di cellule staminali tumorali del cancro al seno, riducendo il rischio che si formino nuovi tumori. In altri termini, si può contrastare la formazione delle metastasi e il rischio che la neoplasia possa ripresentarsi (recidiva) dopo averla combattuta con la chemioterapia e gli altri trattamenti. Queste molecole, chiamate microRNA o miRNA, sono dunque dei veri e propri interruttori che, pur non codificando per le proteine, regolano l'espressione genica di numerosi geni in grado di alimentare e far proliferare il cancro al seno. Grazie a questa scoperta si può dunque sperare in nuove, rivoluzionarie terapie in grado di “spegnere” questi interruttori e rendere il cancro al seno più suscettibile ai farmaci, anche le forme più aggressive.

A identificare il ruolo delle due molecole di microRNA, MiR-146a e MiR-146b, è stato un team di ricerca composto da scienziati dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Milano, dell'Istituto Europeo di Oncologia IRCCS e del Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell'Università Degli Studi di Milano. Gli scienziati, coordinati dal professor Francesco Nicassio, direttore del Center for Genomic Science dell'istituto meneghino, hanno scoperto i due potenziali bersagli terapeutici dopo aver osservato che le molecole sono sovraespresse (fortemente presenti) nelle cellule tumorali dei tessuti mammari, sia quelli umani che quelli dei topi. “I livelli di questi due microRNA tendono a essere molto elevati nei tumori al seno più aggressivi, i quali presentano un alto numero di cellule staminali tumorali. Abbiamo ipotizzato che i miR-146a/b potessero essere necessari per mantenere il pool di cellule staminali tumorali”, ha dichiarato all'ANSA la professoressa Chiara Tordonato, ricercatrice dello IEO e dell'Università di Milano, oltre che prima autrice dello studio.

Ipotizzando questo ruolo cruciale nella proliferazione tumorale, gli scienziati hanno puntato a colpire i due interruttori molecolari, ottenendo risultati sorprendenti sia in test in vitro che su modelli murini (topi) in cui erano stati trapiantati tumori di pazienti con cancro al seno. “È stato sufficiente distruggere questi due microRNA nelle cellule tumorali derivate da pazienti per ridurre la capacità di tali cellule di formare nuovi tumori”, ha specificato la professoressa Tordonato. “La perdita di miR-146 riduce l'auto-rinnovamento delle SC / CSC (le cellule staminali mammarie normali e tumorali NDR) in vitro e compromette la crescita del tumore xenotrapianto derivato dal paziente in vivo, riducendo il numero di cellule che avviano il tumore, supportando così la loro funzione pro-oncogenica”, si legge nell'abstract dello studio.

Le cellule staminali mammarie normali e tumorali, spiegano gli autori dello studio, hanno una forte resistenza alla chemioterapia sia nei test in vitro che in vivo, ma dopo aver abbattuto le due molecole di microRNA tale proprietà può essere invertita, rendendole così suscettibili all'attacco dei farmaci chemioterapici. In pratica, la ricerca ha fatto emergere una “vulnerabilità nascosta” del cancro al seno, che può essere sfruttata dagli scienziati per mettere a punto nuove terapie mirate. “I nostri risultati mostrano chiaramente che la riduzione dei livelli di miR-146a/b rappresenta un approccio potenzialmente in grado di superare alcune forme di farmacoresistenza in ambito clinico, smascherando una vulnerabilità nascosta del tumore che può essere sfruttata per lo sviluppo di nuove terapie in grado di colpire le cellule staminali del cancro”, ha concluso il professor Nicassio. Naturalmente va tenuto presente che si è trattato di un studio pre-clinico su cellule in provetta e modelli animali, pertanto ci vorrà del tempo per passare alla fase clinica ed eventualmente arrivare a vere e proprie nuove terapie. I dettagli della ricerca “miR-146 connects stem cell identity with metabolism and pharmacological resistance in breast cancer” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Journal of Cell Biology.

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