Ingannare l’altro o no: lo “decide” un’area del cervello
Conoscere e studiare la persona che ci si trova dinanzi, identificarne le caratteristiche e setacciare accuratamente i dettagli che possono farne un alleato, un compagno, un avversario e, nel caso, mettere a punto tutte le strategie comportamentali adatte alla circostanza in atto: un'operazione normale nell'ambito dei rapporti sociali che "richiama all'opera" diverse aree del nostro cervello. Una di queste è stata recentemente identificata da un gruppo di ricercatori guidato da Scott A. Huettel del Center for Cognitive Neuroscience della Duke University di Durham, USA: si tratta di una piccolissima regione addetta al "trasporto" di informazioni soltanto nel momento in cui bisogna prendere decisioni nell'ambito dell'interazione con l'altro. Anzi che, a voler esser precisi rispetto al caso di studio, si attiva quando ci interroghiamo sulla possibilità di ingannare o meno chi abbiamo di fronte.
E quale strumento migliore del poker per cogliere il cervello nell'atto di bluffare il prossimo? Gli studiosi, che hanno pubblicato i risultati del proprio lavoro sulla rivista Science, si sono serviti della risonanza magnetica funzionale per monitorare le reazioni della mente durante alcune partite di poker giocate dai volontari dell'esperimento contro il computer o contro avversari in carne ed ossa. La raffinata strumentazione e gli algoritmi utilizzati dall'elaboratore elettronico, hanno consentito ai ricercatori di individuare ed ordinare la quantità di informazioni che ciascuna area del cervello stava elaborando, giungendo così a riconoscere una specifica regione che si attivava nei partecipanti soltanto quando questi si trovavano dinanzi un avversario umano: si tratta della giunzione temporo-parietale che, immediatamente ed immancabilmente, da oggi verrà ribattezzata come "area del bluff".
Il riposo della medesima area durante le partite contro il computer, ed il suo forte e deciso intervento quando il giocatore era in possesso di carte non buone, sarebbero, a detta dei ricercatori, la conferma di tale ipotesi: oltretutto ad una maggiore destrezza dell'avversario corrispondeva puntualmente un'attività molto intensa della giunzione temporo-parietale. Secondo gli scienziati, in quella regione confluirebbero due distinte correnti di informazioni, da una parte quelle relative all'attenzione, dall'altra i dati di natura biologica che allertano sulla presenza di altri individui: «Il fatto che tutte queste regioni cerebrali che dovrebbero essere tipicamente preposte alla gestione dell'attività sociale vengano utilizzate in altre circostanze è una testimonianza della notevole flessibilità ed efficienza del nostro cervello», ha sottolineato il primo firmatario dell'articolo, McKell Carter.
Che, detto in termini molto semplici, significa che la consapevolezza del coinvolgimento di altri individui nel momento in cui si prendono decisioni può essere un fattore determinante per la strategia da adottare e non soltanto in merito alla possibilità di ingannare il proprio prossimo, ma in una visione molto più ampia: come ha chiarito Huettel «Ci sono differenze fondamentali tra le decisioni prese in situazioni sociali e non sociali: l'informazione sociale può indurre il nostro cervello a giocare secondo regole diverse rispetto a quelle adottate in assenza di informazione sociale e sarà importante, per gli scienziati ma anche per coloro i quali guidano la politica, comprendere quali sono gli elementi che fanno affrontare una decisione secondo una prospettiva sociale o non sociale». Capire che, con le proprie scelte, interagisce anche l'elemento "altro": un gioco difficile che, evidentemente, non è per tutti.