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Influenza stagionale, l’esperto: “Virus più aggressivi, ma meno casi”

L’imminente stagione influenzale sarà caratterizzata da virus più aggressivi, con una capacità maggiore di innescare complicanze negli anziani e nei soggetti deboli, ma ci sarà un numero inferiore di casi rispetto agli ultimi due anni da record. È la previsione del professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano che risposto alle nostre domande.
A cura di Andrea Centini
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La stagione dell'influenza 2019-2020 sta per iniziare e a partire dalla metà di ottobre sarà avviata anche la consueta campagna vaccinale, aperta a tutta la popolazione. La composizione dei vaccini (quadrivalenti e trivalenti) con i quali si contrasteranno i virus è stata indicata dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nella Determina N° 698/2019, già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Per sapere cosa dovremmo aspettarci dall'imminente stagione influenzale abbiamo contattato il professor Fabrizio Pregliasco, virologo presso il Dipartimento Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano, oltre che Vice Presidente Nazionale dell’A.N.P.A.S. (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) e Direttore Sanitario della Casa di Cura Ambrosiana SRL di Cesano Boscone. Lo specialista gestisce anche il sito osservatorioinfluenza.it nel quale sono riportati aggiornamenti sulla malattia e informazioni utili su categorie a rischio e vaccinazione. È altresì possibile ricevere consigli utili sull'influenza dal team di esperti.

Professor Pregliasco, come crede sarà la stagione influenzale 2019-2020?

Rispetto alle ultime due stagioni influenzali, che sono state le peggiori degli ultimi 15 anni con circa 9 milioni di casi, quella di quest'anno potrebbe essere – con tutti i ma e i però del caso – un po' meno pesante in termini numerici; potrebbe coinvolgere circa 6 milioni di casi. Bisogna anche valutare la situazione in evoluzione nell'emisfero australe, dove la stagione sta finendo. Ci sarà la presenza di due virus un po' più “carognette” diciamo, con una maggiore capacità di complicanze nell'anziano e nel soggetto fragile, i virus A H1N1 e A H3N2. Ormai non c'è un solo virus influenzale, oltre ai virus simil-influenzali che stanno già “lavorando” adesso, non virus di vera influenza ma di forme respiratorie acute.

Quali sono queste complicanze?

Sono quelle di sempre, appesantimento a livello cardiaco e respiratorio, problematiche come un asma o una broncopneumopatia. Se c'è già un cuore un po' malaticcio, l'influenza può essere la goccia che fa traboccare il vaso. È comunque una questione di numerosità.

Due anni fa il virus Yamagata B fu sottovalutato e si registrarono molti contagi; cos'è successo?

Quella è un'altra “fregatura”. C'è una buona capacità di previsione dei virus di tipo A, mentre per i virus B, che si sono divisi in due famiglie (Yamagata e Victoria) c'è più difficoltà a capire quale dei due e se c'è poi un contributo. In alcune stagioni come 2/3 anni fa lo Yamagata ci ha colti di sorpresa perché non ce l'aspettavamo e in più ce l'aspettavamo nella variante non presente nel vaccino trivalente. Oggi buona parte dei vaccini è quadrivalente e contiene i due virus A sui quali in genere si è abbastanza certi e i due sottotipi di virus B.

Alla luce di ciò, quali sono i vaccini consigliati?

Ad oggi l'indicazione è quella del vaccino quadrivalente per tutti, mentre per gli ultrasettantacinquenni può valere la pena usare comunque il trivalente ma adiuvato, perché in questo caso avendo loro una risposta immunitaria meno efficiente e dovendoli proteggere soprattutto dai virus di tipo A, che sono comunque entrambi presenti nel vaccino, è preferibile utilizzare questo tipo. Quando ci sarà il quadrivalente adiuvato sarà sicuramente meglio, ma ad oggi non è disponibile. Quest'anno tra i vaccini quadrivalenti ce n'è uno che utilizza la coltura cellulare invece che le uova embrionate di pollo, un metodo di produzione diversa che viene fatto per due motivi: oltre ad essere più rapido ed efficace nel produrlo, non modifica il virus. Quando si adatta nell'uovo, infatti, il virus diventa un po' diverso da quello circolante. Dal punto di vista immunitario dunque è più efficace.

Esiste un rischio pandemia?

Noi la pandemia la aspettiamo. Basandoci su dati di diffusione e mortalità a partire dal 1800, seppur quelli del passato non siano precisi, ce la si aspetta in un intervallo di tempo tra i 7 e i 40 anni. In effetti quella del 2009 è stata una pandemia, anche se per fortuna il virus non è stato “cattivissimo”, avendo colpito in quota parte la popolazione giovanile. Diciamo che la variabilità comporta un rischio sempre presente. Quando un anno la pandemia non c'è, rende l'anno successivo più a rischio.

Alla conclusione dell'intervista il professor Pregliasco ha tenuto a precisare l'importanza dell'automedicazione responsabile, legata in prima istanza all'uso dei farmaci sintomatici, e ha naturalmente sottolineato l'importanza di rivolgersi a uno specialista in presenza di complicanze.

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