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Influenza aviaria, il virus H7N9 è letale: scienziati preoccupati, si trasmette da mammiferi

Il virus dell’influenza aviaria H7N9, responsabile della morte di oltre 600 persone dalla fine del 2016, sta mutando e comincia a manifestare segnali inquietanti. Un ceppo si è trasmesso tra furetti, mammiferi modello per studiare l’influenza sull’uomo, e presenta resistenza ai farmaci.
A cura di Andrea Centini
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Un pericoloso ceppo mutato del virus H7N9 dell'influenza aviaria è facilmente trasmissibile tra i mammiferi e potrebbe provocare una catastrofica pandemia tra gli esseri umani, anche perché manifesta segnali di resistenza ai farmaci. A lanciare l'allarme un team di scienziati dell'Università di Tokyo e dell'Università del Wisconsin Madison, che ha condotto alcuni esperimenti sul virus prelevato da un paziente cinese deceduto a causa della patologia.

La H7N9 è nel mirino dei ricercatori sin da quando è emersa la prima epidemia in Cina, nel 2013, tuttavia all'epoca questo virus era considerato come a bassa patogenicità. Da allora però ha cominciato a mutare, producendo una forma molto più pericolosa. Basti pensare che delle 1600 persone infettate dalla fine del 2016, quando si è avviata l'ultima epidemia in Asia, ben il 39 percento ha perso la vita.

Da uno dei pazienti deceduti i ricercatori coordinati dal professor Yoshihiro Kawaoka, un virologo di fama internazionale, hanno estrapolato il virus, trovando due varianti dello stesso ceppo: quella attesa, che circola da tempo in Cina e viene tenuta a bada dai farmaci, e una più aggressiva, che ha mostrato una certa resistenza alla molecola oseltamivir, alla base base del farmaco (Tamiflu) per trattare l'influenza aviaria. Una volta replicati in laboratorio, questi virus non solo sono hanno dimostrato di essere più patogeni della prima versione del 2013, ma in test condotti su furetti si sono trasmessi con facilità. Questi animali vengono spesso utilizzati come modelli per studiare l'impatto dell'influenza sull'uomo, e a preoccupare gli scienziati vi è anche il fatto che due dei furetti trattati sono morti.

“Non voglio creare allarme – ha sottolineato il professor Kawaoka -, ma è solo una questione di tempo prima che il virus resistente acquisisca una mutazione che gli consenta di crescere bene, aumentando la sua probabilità di diventare letale”. Al momento infatti il livello di trasmissibilità non rappresenta ancora un pericolo per la salute pubblica, ma il rischio è concreto e gli scenari possibili inquietanti. I dettagli dela ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Cell Host & Microbe.

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