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In Siberia il risveglio del virus gigante

Celato dal permafrost, era rimasto “in letargo” per 30.000 anni.
A cura di Nadia Vitali
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Illustrazione di un virus estremamente celebre, quello dell'influenza A (H5N1)
Illustrazione di un virus estremamente celebre, quello dell'influenza A (H5N1)

Sembra una storia che il sapore di un film di fantascienza dalle evidenti implicazioni catastrofiche: l'inquinamento e le attività umane che portano la temperatura globale a salire in modo incontrollato fino a quando il calore non inizia a sciogliere i ghiacci… E, a quel punto, dai manti candidi immutati da migliaia di anni, iniziano a palesarsi pericoli mai immaginati prima che diventano una minaccia per l'intera sopravvivenza dell'umanità. Va bene, non sta per accadere niente di così drammatico, l'umanità è ancora saldamente ancorata alla vecchia Terra e il clima, benché evidentemente "impazzito", non ci sta ancora portando sull'orlo del baratro.

Però è accaduto realmente che un megavirus vecchio di 30.000 anni sia stato scoperto in alcune amebe della specie Acanthamoeba castellanii estratte da un campione di permafrost siberiano: a darne notizia è la rivista Proceedings of the National Academy of Sciences che in un articolo riporta i risultati del lavoro di un team di ricercatori francesi. La scienza ha già avuto modo di imbattersi in altri megavirus negli ultimi anni e, in effetti, l'ultimo arrivato presenterebbe caratteristiche morfologiche che richiamano quelle dei Pandoravirus la cui scoperta, opera del medesimo gruppo di ricerca, venne annunciata da un paper pubblicato da Science.

Il nuovo virus gigante è stato battezzato Pithovirus sibericum e, al pari dei Pandoravirus, reca nel proprio nome tutto il peso del proprio potenziale pericolo: il pithos, nell'antica Grecia, era una grande giara la quale, secondo il mito, venne data in dono a Pandora da Zeus con la raccomandazione di non aprirla. Naturalmente, la curiosità ci si mise di mezzo e così Pandora scoperchiò il suo vaso liberando tutti i mali che l'umanità fino ad allora non conosceva: giunse così la vecchiaia con il vizio, la malattia con la pazzia. Insomma, non c'è che dire, gli scienziati hanno scelto dei nomi decisamente di buon augurio!

In ogni caso, Pithovirus sibericum infetta le amebe e non l'essere umano: non basta questo però a rassicurare i ricercatori che sottolineano come la scoperta di microrganismi del genere sia un chiaro segnale dei pericoli che possono derivare dallo scioglimento del permafrost, fenomeno quest'ultimo che costituisce un rischio concreto con l'innalzamento della temperatura terrestre e con lo sfruttamento delle risorse naturali nelle zone dei circoli polari. La capacità del permafrost di conservare il DNA degli agenti patogeni rivela che questi potrebbero tornare attivi, una volta liberati dallo strato ghiacciato che li ha celati; e di fatto non possiamo sapere cosa si nasconde lì sotto. Inoltre, questa ennesimo tassello nel mosaico dei megavirus è la testimonianza di come questi microrganismi siano più comuni di quanto si sospettasse e anche più variabili nelle caratteristiche di ciascuno.

Individuati per la prima volta una decina di anni fa e raggruppati nella famiglia Megaviridae, i virus giganti si contraddistinguono per le loro dimensioni, che in certi casi superano persino quelle di alcuni batteri, e per le caratteristiche che li rendono piuttosto simili l'uno all'altro: in particolare, la presenza di un capside (involucro che contiene il materiale genetico del virus) dalla forma di icosaedro che cela un genoma ricco in basi azotate adenina e timina. La scoperta dei Pandoravirus nel 2013 ha ampliato ulteriormente la conoscenza, dal momento che questi presentano invece un capside dalla forme di un'anfora (da cui il nome), che contiene basi azotate guanina e citosina, in quantità più che doppia rispetto a quella dei MegaviridaePithovirus sibericum combina la morfologia dei Pandoravirus con le peculiarità del DNA dei virus icosaedrali: insomma, costituisce un nuovo inesplorato territorio relativo alla vita sul nostro Pianeta. E chissà che il permafrost non abbia ancora molto altro da svelare agli scienziati.

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