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In Italia più di 1100 impianti industriali sono a rischio

A rivelarlo è un’indagine di Legambiente e Protezione civile: e la cittadinanza verrebbe informata troppo poco sull’argomento.
A cura di Redazione Scienze
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Sono per la precisione 1152 gli impianti industriali che, trattando sostanze pericolose, sono considerabili come potenzialmente pericolosi perché ad alto rischio di incidente rilevante: distribuiti lungo l'intero territorio italiano, ma con una concentrazione visibilmente più elevata in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, interessano in tutto 739 comuni che vivono "a stretto contatto" con impianti chimici e petrolchimici, raffinerie, depositi di gpl, di esplosivi o di composti tossici: tutte strutture che, in caso di incidente o di malfunzionamento, potrebbero provocare incendi, contaminazione dei suoli e delle acque, nubi tossiche.

Nell'ultimo dossier curato assieme agli esperti della Protezione Civile, Ecosistema Rischio Industrie, Legambiente affronta lo spinoso problema della mancata informazione nei confronti dei cittadini a proposito dei rischi concreti e reali che derivano dalla presenza sul territorio di impianti di questo genere: una disinformazione che, soprattutto, riguarderebbe i comportamenti da tenere nel caso in cui si verificasse un'emergenza. Tali strutture, infatti, vengono censite semestralmente in un inventario nazionale redatto dal Ministero dell'Ambiente: oggetto dell'indagine era, quindi, se e come le amministrazioni interessate abbiano recepito tutte le indispensabili informazioni relative non soltanto agli impianti presenti, ai processi di lavorazione, alle sostanze contenute e ai potenziali rischi per cittadini ed ambiente; ma soprattutto se abbiano provveduto a rendere noti ai cittadini la possibilità rischio d’incidente e i comportamenti da adottare nel caso in cui si verifichi un'emergenza.

seveso

«Alla base della normativa sulla mitigazione del rischio industriale c’è il grave incidente che nel 1976 colpì Seveso e altri comuni brianzoli, la contaminazione provocata da una nube tossica fuoriuscita dallo stabilimento di un’industria chimica, l’ICMESA, di Meda» ha spiegato Simone Andreotti, responsabile Protezione civile di Legambiente. Proprio per verificare quanto di queste normative è noto e viene applicato, ai 739 Comuni coinvolti è stato inviato un questionario; lo studio è stato curato sulla base delle risposte inviate da 210 amministrazioni comunali (il 29% del totale), prendendo in considerazione il livello di realizzazione o partecipazione ad esercitazioni d'emergenza secondo le indicazioni delle prefetture competenti e se, eventualmente, la pianificazione urbanistica tiene in considerazione il rischio.

Ne è emerso un quadro non del tutto rassicurante in cui, ad esempio, soltanto 105 comuni (equivalenti alla metà tra quelli che hanno risposto) ha messo a punto e porta avanti campagne informative tra la popolazione che vive più prossima agli insediamenti industriali, dando istruzione in merito ai segnali d'allarme da riconoscere e i comportamenti da adottare per mettersi al sicuro nel caso di incidente improvviso; oltretutto buona parte delle informazioni vengono distribuite tramite opuscoli (96), siti web ufficiali (59), iniziative nelle scuole (30), incontri pubblici (58). Insomma, pochissimi hanno proposto o realizzato la partecipazione ad esercitazioni (appena 75) e un numero ancora inferiore di comuni ha coinvolto la popolazione (34).

Inoltre, tra i 210 intervistati, in 181 sostengono di aver individuato e predisposto un piano attorno alle "aree di danno", ovvero le zone circostanti lo stabilimento che, in caso di incidente, sarebbero sottoposte a conseguenze: per intenderci, sono a metà strada tra le "aree di sicuro impatto" e le "aree di attenzione". In 104 di questi Comuni, tuttavia, ci sono diverse strutture denominate "sensibili": scuole (nel 18% dei casi), centri commerciali (13%), strutture ricettive turistiche (8%), luoghi di culto (7%), ospedali (2%) ma anche abitazioni isolate, insediamenti residenziali più vasti, altri stabilimenti industriali o attività produttive. Potenzialmente fragili ed impotenti dinanzi alla possibilità che un incidente si verifichi nelle loro vicinanze.

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