In Italia moriamo di infezioni e batteri in ospedale: 20 vittime evitabili ogni giorno
Le infezioni ospedaliere in Italia provocano settemila morti ogni anno, il doppio degli incidenti stradali. Un dato drammatico noto da tempo che ha due principali cause: una errata procedura di decontaminazione degli ambienti ospedalieri e l'uso eccessivo degli antibiotici, che ha reso alcuni agenti patogeni estremamente resistenti ai trattamenti. Le infezioni, del resto, in determinati casi possono scatenare una pericolosissima sepsi, cioè una risposta esagerata del sistema immunitario che può compromettere la funzionalità di molti organi. Il risultato di questa situazione è che molti pazienti che entrano in un ospedale per curarsi, nel nostro Paese, ne escono con patologie talvolta sensibilmente più serie e spesso mortali, come dimostra l'agghiacciante media di venti vittime ogni giorno.
Cos'è la sepsi o setticemia
La sepsi è l'evoluzione più pericolosa di un processo infettivo in atto, che diventa generalizzato e spinge il sistema immunitario a una risposta sproporzionata, con una serie di conseguenze in grado di mettere a repentaglio la vita del paziente. La sepsi, che prende il nome specifico di setticemia quando si determina una betteriemia (la presenza di batteri nel sangue), provoca un'infiammazione sistemica a causa delle sostanze immunitarie rilasciate dall'organismo per contrastare l'invasione degli agenti patogeni (ad esempio il batterio Escherichia coli). Possono originare coaguli di sangue e/o gravi emorragie che compromettono la funzionalità di diversi organi e provocare la morte del paziente. Nel mondo si registra un caso di sepsi ogni 3 secondi e le persone più esposte sono gli anziani oltre i 65 anni, gli immunodepressi, i bambini e chi è colpito da patologie croniche come il cancro. Può presentarsi in forma lieve (15 percento di mortalità) o nella forma più grave definita “shock settico”, che ha una mortalità superiore del 50 percento. In Italia la sepsi colpisce 250mila persone ogni anno, e per molte è legata proprio al ricovero in ospedale, in particolar modo nei reparti di terapia intensiva.
Le infezioni negli ospedali italiani
Negli ospedali italiani, in base ai dati diffusi dal Centro Studi Mediterranea Europa in occasione di un forum nazionale tenutosi a Napoli, si registrano 50mila casi di infezioni, dei quali, come indicato, ben 7mila mortali. Al primo posto per numero di infezioni dopo un intervento vi è la Valle d'Aosta, con ben 500 casi ogni 100mila dimessi; seguono la Liguria con 454 e l'Emilia Romagna con 416. Attorno ai 300 casi si trovano Lombardia, Veneto e Umbria; a 211 c'è il Lazio e a 200 c'è la Calabria, seguita da tutte le regioni meridionali con meno di 200 casi. La regione più virtuosa di tutte è l'Abruzzo, con 70 casi ogni 100mila dimessi.
I reparti in cui è più facile infettarsi
Non tutti i reparti presentano lo stesso rischio infettivo, a causa dell'invasività degli interventi e dal tempo di ricovero dei pazienti, che aumenta il rischio di contrarre un'infezione. Il reparto più pericoloso per i contagi è la Terapia Intensiva, dove si registra il 20,60 percento dei casi; seguono quello di Medicina col 15,33 percento e la Chirurgia col 14,20 percento dei casi. Curiosamente, molti pazienti colpiti da sepsi finiscono in terapia intensiva; molti altri finiti in questo delicato reparto per altre condizioni ne escono con questa patologia.
I batteri responsabili delle infezioni
- Escherichia coli. Delle 50mila infezioni registrate negli ospedali italiani, oltre 10mila (il 22 percento) sono legate all'Escherichia coli, un batterio normalmente presente nel nostro intestino ma del quale esistono numerosi ceppi patogeni. È possibile contagiarsi ingerendo cibi e bevande contaminate, ma anche durante un trattamento in ospedale, ad esempio attraverso un catetere.
- Stafilococco aureo. Il 12,5 percento delle infezioni è provocato dal batterio gram-negativo stafilococco aureo (Staphylococcus aureus), il più aggressivo degli stafilococchi e noto per causare infezioni della pelle e dei tessuti molli. Il contagio avviene per contatto e in presenza di ferite è sensibilmente agevolato. Non a caso l'infezione può emergere dopo un intervento chirurgico, l'introduzione di peacemaker, protesi, cateteri e via discorrendo.
- Klabsiella pneumoniae. Il terzo batterio più infettivo riscontrato negli ospedali italiani è il Klabsiella pneumoniae, responsabile del 9 percento dei contagi. Anch'esso un gram-negativo, è un batterio presente normalmente nell'intestino e nella mucosa respiratoria, ma può trasformarsi in un patogeno occasionale estremamente pericoloso. Basti pensare che la polmonite primaria da Klabsiella pneumoniae ha una mortalità superiore del 50 percento. Può infettare facilmente anche il tratto urinario o farsi strada attraverso le ferite; anche nel suo caso gli interventi chirurgici, i cateteri e altri trattamenti sanitari in ambienti non correttamente decontaminati possono favorire l'infezione.
[Credit: sasint]