Il vino nell’antichità? Sapeva di menta e cannella
È noto da sempre, agli studiosi o ai semplici appassionati di antichità, come il vino dei nostri progenitori fosse una bevanda alla quale oggi forse ci potremmo approcciare con qualche difficoltà: molti gli elementi aggiunti, un po' per ragioni legate alle esigenze del palato dell'epoca, ma soprattutto perché alcuni ingredienti svolgevano una fondamentale funzione antibatterica. Per altro è ragionevole pensare che, al fine di favorire la conservazione degli alimenti, le cucine dei nostri antenati fossero spesso ricche di sale (sappiamo ad esempio della salsa con cui i romani condivano buona parte dei loro piatti, il garum, ottenuta proprio dalle interiora di pesce e dal pesce salato): questo rendeva quasi necessario accompagnare i pasti con una bevanda dal sapore fortemente distinguibile.
Insomma, che nel vino ci fossero una quantità di aromi e spezie che senza dubbio lo renderebbero particolare se solo avessimo la possibilità di assaggiarlo proprio così come veniva servito presso i banchetti e le osterie dell'antichità, è un fatto risaputo da tempo per gli archeologi; questi ultimi però potranno avere ancora più informazioni grazie ad un recente rinvenimento dal "sapore" veramente eccezionale. Nella cantina di un antico palazzo di una città cananea in Israele settentrionale, presso il sito archeologico di Tel Kabri, è stata infatti rinvenuta una "riserva di bottiglie" risalente al 1.700 a. C.: archeologi israeliani ed americani sono stati gli autori del rinvenimento che è stato reso noto qualche giorno fa a Baltimora al meeting annuale dell'American Schools of Oriental Research.
Si tratta di quel che resta di 40 anfore che venivano conservate nei pressi della sala dove gli antichi proprietari pasteggiavano o festeggiavano assieme ai loro ospiti; considerando quantità e dimensioni dei recipienti in terracotta, in quella cantina veniva serbato l'equivalente di 3.000 bottiglie di vino, sia bianco sia rosso. Purtroppo la gran parte di questi contenitori risultava danneggiato a causa di un crollo che, all'incirca 3.600 anni fa, aveva sepolto sotto mattoni di fango e malta quel piccolo tesoro alcolico; a detta degli studiosi è altamente probabile che la responsabilità sia da imputare ad un terremoto. Nonostante il liquido contenuto sia quindi scomparso con il tempo, ne sono sopravvissute delle tracce che si sono rivelate estremamente interessanti. I ricercatori hanno dovuto lavorare con gran velocità sui residui sopravvissuti prima che questi risultassero contaminati dall'esposizione, dopo i secoli trascorsi a sonnecchiare segretamente. I risultati, comunque, sono stati più che soddisfacenti.
Così il lavoro che ha avuto come oggetto d'indagine uno dei vini più antichi mai rinvenuti nella storia degli studi è stato presentato con orgoglio dagli archeologi della George Washington University e della University of Haifa che hanno collaborato assieme a questa grande scoperta. Le analisi chimiche sui reperti che avevano resistito all'usura del tempo hanno restituito se non proprio il "sapore" di quel liquido che veniva contenuto nelle anfore, quanto meno un'idea approssimativa di quanto doveva essere diverso dal nostro vino questa bevanda dell'antichità: miele, menta, cannella, bacche di ginepro e resine utilizzate principalmente per evitarne la deteriorazione erano tra gli ingredienti più presenti.
Una "ricetta" che se per noi sembra insolita, non lo era per i contemporanei dei signori che vissero in terra israeliana 3.700 anni fa e non lo fu neanche molti secoli dopo per i posteri di questi: basti pensare al vino che bevevano i romani dei quali, di tanto in tanto, ci è arrivata qualche fortuita testimonianza dai fondi delle anfore, anch'essa sottoposta rigorosamente ad indagini chimiche. Tracce di un vino che anche doveva essere molto simile sono state rinvenute, inoltre, nella tomba del Re Scorpione I, sovrano che governò in Egitto la cui morte è datata all'incirca 3.150 a. C., in centinaia di otri di vino proveniente (anch'esso) dalla Palestina. L'utilizzo di spezie, aromi e resine, oltre ad essere spesso finalizzato alla miglior conservazione possibile, va inquadrato anche nell'ottica delle profonde virtù medicinali che erano attribuite alla bevanda "scoperta" da Noè: essendo spesso utilizzato come farmaco, conteneva anche elementi utili a migliorarne l'effetto benefico sull'organismo.
Gli scavi che hanno portato alla luce la cantina sono iniziati nel 2005; quattro anni dopo hanno portato alla scoperta di alcuni spettacolari affreschi e l'anno successivo della sala dei banchetti. La scoperta delle anfore, venute fuori quasi una alla volta dall'ambiente sotterraneo, è iniziata a luglio di quest'anno. La prossima stagione di scavi è attesa per esplorare i luoghi ancora ignoti di questo palazzo nobiliare dove, magari, altro sarà rinvenuto come testimonianza di quelli che, forse, furono i fastosi banchetti che si concedevano questi signori dell'antichità.