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Il Viagra riduce del 69% il rischio di Alzheimer

Lo rivela un nuovo studio pubblicato su Nature Aging in cui il principio attivo del Viagra (sildenafil) è stato identificato come un potenziale candidato per il trattamento e la prevenzione del morbo di Alzheimer.
A cura di Valeria Aiello
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Il Viagra, o meglio, il suo principio attivo, chiamato sildenafil, potrebbe aiutare a prevenire il morbo di Alzheimer. Lo ha scoperto un team di ricerca della Cleveland Clinic che, dopo aver analizzato i dati dell’assicurazione medica di oltre sette milioni di persone negli Stati Uniti, ha notato che coloro che assumevano sildenafil avevano circa il 70% di probabilità in meno di soffrire di Alzheimer rispetto a chi non utilizzava il farmaco. Il Viagra appartiene a una classe di medicinali noti come inibitori della fosfodiesterasi, che promuovono la dilatazione dei vasi sanguigni e il rilassamento della muscolatura liscia, ed è comunemente utilizzato per il trattamento della disfunzione erettile e anche dell’ipertensione polmonare, sebbene ricerche precedenti abbiano suggerito un possibile ruolo degli inibitori della fosfodiesterasi nel trattamento della demenza.

L’Alzheimer è la forma più comune di demenza legata all’età, con circa 5 milioni di nuovi casi nel mondo ogni anno e una tendenza destinata a raddoppiare ogni 20 anni. Tuttavia, ad oggi, non esiste un trattamento efficace, per cui la crescita globale di casi rappresenta una sfida significativa per tutti i sistemi sanitari. Nei soli Stati Uniti, senza l’arrivo di farmaci in grado di prevenire o curare la malattia, si stima che l’Alzheimer avrà un impatto su 13,8 milioni di americani entro il 2050.

In questo scenario, si inserisce lo studio della Cleveland Clinic, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Aging. “Il nostro è uno dei tanti sforzi nella ricerca di farmaci esistenti o composti sicuri disponibili per altre condizioni che sarebbero buoni candidati per studi clinici sulla malattia di Alzheimer” ha affermato Jean Yuan, direttore del programma di Bioinformatica translazionale e sviluppo di farmaci presso il National Institute on Aging (NIA), parte del National Institutes of Health (NIH) che ha finanziato questa ricerca. Gli studiosi, in particolare, hanno analizzato le basi biologiche dell’Alzheimer al fine di identificare 13 diversi meccanismi fisiologici geneticamente controllati (endofenotipi) associati alla malattia. In totale, i ricercatori hanno scoperto che questi 13 endofenotipi dipendono da oltre 350.000 diverse interazioni proteiche.

La più significativa di queste interazioni è stata quella tra le proteine ​​amiloidi e tau, entrambe note per gli accumuli nel cervello dei malati di Alzheimer e considerate una delle principali cause della malattia. “Studi recenti mostrano che l’interazione tra amiloide e tau contribuisce maggiormente all’Alzheimer rispetto alla singola azione di entrambi – ha spiegato il professor Feixiong Cheng del Genomic Medicine Institute della Cleveland Clinic e l’autore corrispondente dello studio – . Pertanto, abbiamo ipotizzato che i farmaci mirati all’intersezione della rete molecolare degli endofenotipi amiloide e tau dovrebbero avere il maggior potenziale di successo”.

I ricercatori hanno quindi esaminato l’impatto di oltre 1.600 farmaci approvati dalla Food and Drug Administration sulle varie proteine ​​coinvolte nell’Alzheimer e hanno scoperto che il sildenafil è il più efficace nell’interrompere l’interazione tra le proteine ​​amiloide e tau.

Basandosi su questa constatazione, gli studiosi hanno dunque valutato le richieste di rimborso fatte attraverso l’assicurazione sanitaria da 7,2 milioni di americani, osservando che i consumatori di Viagra avevano il 69% di probabilità in meno di ricevere una diagnosi di Alzheimer entro sei anni dall’assunzione del farmaco rispetto ai non consumatori. Chiaramente, non sorprende sapere che la maggior parte delle persone che hanno assunto il farmaco fossero uomini, sebbene gli autori affermino che l’associazione è stata verificata anche dopo l’aggiustamento dei dati per sesso, età e razza.

Poiché i nostri risultati stabiliscono solo un’associazione tra l’uso di sildenafil e la ridotta incidenza di malattia di Alzheimer, stiamo ora pianificando uno studio meccanicistico e uno studio clinico randomizzato di fase II per testare la causalità e confermare i benefici clinici del sildenafil nei pazienti con Alzheimer – ha precisato Cheng – . Prevediamo anche che il nostro approccio venga applicato ad altre malattie neurodegenerative, tra cui il morbo di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica, per accelerare il processo di scoperta di farmaci”.

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