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Covid 19

Il vaccino Covid di Johnson & Johnson potrebbe essere poco efficace contro la variante Delta

Mettendo a confronto l’attività di neutralizzazione degli anticorpi innescati dai vaccini anti Covid di Pfizer e Johnson & Johnson, un team di ricerca dell’Università di New York ha determinato che il secondo potrebbe essere poco efficace contro la variante Delta del coronavirus SARS-CoV-2. Gli scienziati iniziano a raccomandare un richiamo per il vaccino monodose.
A cura di Andrea Centini
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Il vaccino monodose di Johnson & Johnson potrebbe essere poco efficace contro la variante Delta del coronavirus SARS-CoV-2, il ceppo che sta guidando la terza/quarta ondata di contagi principalmente a causa di una maggiore trasmissibilità, superiore del 50 percento rispetto a quello della variante Alfa (ex inglese B.1.1.7) alla base dei picchi dello scorso inverno. Alla luce di questo potenziale rischio di infezioni “rivoluzionarie”, che colpiscono cioè persone immunizzate, molti ricercatori stanno raccomandando di sottoporre a un richiamo tutti coloro che hanno ricevuto la singola dose del vaccino di Johnson & Johnson. Preferenzialmente, spiegano gli autori del nuovo studio, sarebbe meglio somministrarne come seconda dose quella un vaccino a RNA messaggero, ovvero il BNT162b2/Tozinameran di Pfizer-BioNTech o l'mRNA-1273/CX-024414 di Moderna-NIAID. Come emerso da alcuni studi, infatti, la vaccinazione eterologa tra una dose di AstraZeneca (a vettore adenovirale come il J&J) e una di vaccino a mRNA induce una risposta immunitaria ancor più robusta.

A determinare che il vaccino di Johnson & Johnson potrebbe non essere molto protettivo contro la variante Delta è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Dipartimento di Microbiologia della Scuola di Medicina “Grossman” dell'Università di New York, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Medicina e del Langone Vaccine Center. I ricercatori, coordinati dal professor Nathaniel R. Landau, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto i titoli anticorpali neutralizzanti innescati dal vaccino di Pfizer e quelli del vaccino di J&J, verificandone l'attività di neutralizzazione contro diverse varianti del SARS-CoV-2 (Beta, Delta, Delta Plus e Lambda). Mentre nel primo caso hanno dimostrato una modesta resistenza alla neutralizzazione, “gli anticorpi suscitati dall'Ad26.COV2.S (il vaccino di J&J ndr) da una frazione significativa di individui vaccinati erano di basso titolo neutralizzante (IC50<50)”, hanno scritto gli autori dello studio. “I dati sottolineano l'importanza della sorveglianza delle infezioni rivoluzionarie che provocano casi gravi di COVID-19 e suggeriscono il beneficio di una seconda immunizzazione dopo Ad26.COV2.S per aumentare la protezione contro le varianti”, hanno chiosato il professor Landau e i colleghi.

Va tenuto presente che dei quattro vaccini anti Covid approvati per l'uso di emergenza dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), soltanto uno si basa su una singola dose, proprio l'Ad26.COV2.S o JNJ-78436735 di Johnson & Johnson, messo a punto dagli scienziati di Janssen Pharmaceutica e Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC). In base a quanto emerso dalle indagini sulla variante Delta condotte nel Regno Unito, dove è dominante dalla metà di maggio, la singola dose di AstraZeneca o di Pfizer proteggono appena al 30 percento circa contro di essa, mentre l'efficacia sale sensibilmente con le due dosi, arrivando quasi al 100 percento contro l'ospedalizzazione e la morte. Poiché il vaccino di J&J si basa sulla stessa tecnologia dell'AstraZeneca e l'efficacia di una dose di quest'ultimo è considerata bassa, diversi esperti stanno appunto raccomandando il richiamo. “Il messaggio che volevamo dare non era che le persone non dovessero ricevere il vaccino di J&J, ma ci auguriamo che in futuro venga potenziato con un'altra dose di J.&J. o un richiamo con Pfizer o Moderna”, ha dichiarato al New York Times il professor Landau. Dello stesso avviso anche il professor John Moore, virologo presso la Weill Cornell Medicine di New York: “Ho sempre pensato, e l'ho detto spesso, che il vaccino di J.&J. è un vaccino a due dosi”.

Lo studio “Comparison of Neutralizing Antibody Titers Elicited by mRNA and Adenoviral Vector Vaccine against SARS-CoV-2 Variants” dell'Università di New York, pubblicato su BioRXiv e non ancora sottoposto a revisione paritaria, tiene comunque conto soltanto dell'attività neutralizzante degli anticorpi, che è solo una delle componenti del nostro sistema immunitario. Ad esempio un “braccio” fondamentale è quello relativo all'immunità cellulare basata sulle cellule T, che vanno a caccia delle cellule già infettate dal virus e le eliminano. I dati del nuovo studio “non parlano della piena natura della protezione immunitaria”, ha dichiarato al NYT la professoressa Seema Kumar, portavoce di Johnson & Johnson. In altri studi, spiega la scienziata, il vaccino “ha generato un'attività forte e persistente contro la variante Delta in rapida diffusione”. Una recente indagine ha ad esempio rilevato che l'attività neutralizzante degli anticorpi innescati dal vaccino di J&J risulterebbe elevata anche a 8 mesi di distanza dall'inoculazione della dose, un risultato in netto contrasto con quello della nuova ricerca. Al momento le autorità sanitarie internazionali non ritengono necessario un richiamo per chi ha ricevuto il vaccino monodose di Johnson & Johnson, ma negli Stati Uniti diversi scienziati si sono già sottoposti volontariamente a questa procedura e chiedono a gran voce che il “boost” sia dato a tutti i 13 milioni di americani vaccinati con questo farmaco.

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