Il vaccino anti COVID russo “Sputnik V” è efficace al 91,6% e ben tollerato: i dati su The Lancet
Il vaccino russo Gam-COVID-Vac, meglio conosciuto con il nome di “Sputnik V”, ha un'efficacia del 91,6 percento ed è ben tollerato, oltre a offrire una protezione completa verso la forma grave della COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. La preparazione si basa su una combinazione di due adenovirus non replicanti (rAd26-S e rAd5-S) sviluppati con un gene per la proteina S o Spike del coronavirus, grazie al quale si determina l'immunità. I risultati positivi, seppur preliminari, sono frutto di un approfondito studio di Fase 3 randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, cioè il “gold standard” della ricerca scientifica, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, che aveva già accolto i dati della precedente fase sperimentale. Si tratta di un'ottima notizia poiché sono stati diradati i dubbi sulla “trasparenza” delle prime pubblicazioni, certificando così la validità di un'altra preziosissima arma per combattere la pandemia. Gli emissari del Gamaleya Researh Institute di Mosca, il centro di ricerca responsabile della creazione del vaccino, sono già in contatto da giorni con l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), che dovrebbe autorizzare l'uso in emergenza in tempi piuttosto rapidi. A stretto giro dovrebbe arrivare il via libera anche dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Lo Sputnik V, così chiamato per onorare il pionieristico programma satellitare sovietico, oltre che in Russia è stato già approvato in diversi Paesi, tra i quali Argentina, Venezuela, Iran, Emirati Arabi Uniti e anche l'Ungheria, il cui Istituto Nazionale di Farmacia e Nutrizione (OGYÉI) ha dato l'ok spiazzando l'Unione Europea.
I dati dello studio su Lancet
Lo studio completo di Fase 3 – ancora in corso – prevede il coinvolgimento di 40mila partecipanti, ma i dati appena pubblicati sulla rivista The Lancet, come indicato, sono preliminari. Fanno infatti riferimento a circa la metà dei volontari (19.866), tutti con un'età uguale o superiore ai 18 anni. Gli scienziati guidati dal dottor Denis Logunov li hanno suddivisi in due gruppi: al primo, composto dal 75 percento del totale, sono state assegnate le due dosi di vaccino da 0,5 mL ciascuna, al secondo è stato assegnato il placebo. L'efficacia del vaccino è stata determinata attraverso tamponi oro-rinofaringei, cui sono stati sottoposti i partecipanti che hanno sviluppato i sintomi di una infezione respiratoria. I positivi sintomatici alla COVID-19 nel gruppo del vaccino sono stati 16 (0,1 percento), mentre nel gruppo placebo sono stati 62 (1,3 percento). Ciò si traduce in una efficacia dello Sputnik V pari al 91,6 percento. Nello studio sono state coinvolte anche persone tra i 60 e gli 87 anni, e come è noto nei soggetti più anziani le vaccinazioni hanno tendenzialmente un'efficacia minore, a causa di un sistema immunitario “meno pronto”. Il vaccino russo in questa fascia di età (oltre 2mila partecipanti) si invece dimostrato efficace al 91,8 percento, un dato particolarmente significativo. Dopo le due iniezioni intramuscolari, con la seconda effettuata a 21 giorni dalla prima, i partecipanti hanno sviluppato una robusta risposta immunitaria, sia anticorpale che di tipo cellulare (linfociti T); per quanto concerne le immunoglobuline, i volontari trattati col vaccino hanno sviluppato anticorpi neutralizzanti in concentrazioni fino a 1,5 volte superiori rispetto ai convalescenti/guariti dalla COVID-19. Questo dato potrebbe tradursi in una durata superiore dell'immunità rispetto a quella determinata dall'infezione naturale, che in base agli ultimi studi sarebbe di almeno 8 mesi. La protezione immunitaria, come mostra il grafico soprastante, si rende evidente a partire dal ventesimo giorno circa, parallelamente alla somministrazione della seconda dose. “Lo sviluppo del vaccino Sputnik V è stato criticato per fretta, approssimazione e mancanza di trasparenza. Ma i risultati qui riportati sono chiari e il principio scientifico della vaccinazione è dimostrato, il che significa che un altro vaccino può ora unirsi alla battaglia per ridurre l'incidenza della COVID-19”, hanno dichiarato i professori Ian Jones e Polly Roy, sottolineando la bontà dello Sputnik V. Anche Roberto Burioni in un post su Twitter ha espresso apprezzamento per i risultati del vaccino.
La sicurezza dello Sputnik V
Oltre alla notevole efficacia, appena al di sotto di quella dimostrata dai vaccini a RNA messaggero (mRNA) di Pfizer-BioNTech e Moderna-NIAID (95-94 percento), lo Sputnik V si è rilevato particolarmente sicuro per i volontari sottoposti all'inoculazione. Nel 94 percento dei casi, infatti, gli effetti collaterali a seguito della vaccinazione sono stati lievi e attesi. L'elenco completo sarà diffuso in seguito dagli scienziati, ma tra i sintomi registrati si segnalano dolore al sito dell'iniezione; lieve febbre; mal di testa; astenia e dolori muscolari e articolari, del tutto in linea con quelli di una comune vaccinazione, come quella contro l'influenza. Durante il periodo di follow-up 70 eventi avversi gravi si sono verificati in 68 partecipanti, 45 (0,3 percento) tra i 16.427 del gruppo vaccino e 23 (0,4 percento) tra i 5.435 del gruppo placebo. Nessun caso è stato considerato correlato alla vaccinazione. Durante lo studio sono stati segnalati anche quattro decessi, tre nel gruppo vaccino e uno in quello placebo, ma anche in questo caso non è emersa alcuna correlazione.
Come funziona il vaccino Sputnik V
Come indicato, lo Sputnik V è basato sulla tecnologia del vettore virale, e più nello specifico su una combinazione di due adenovirus non replicanti – ricombinanti (rAd26-S e rAd5-S) sviluppati con un gene del coronavirus SARS-CoV-2. I due patogeni resi innocui dall'ingegneria genetica (non sono in grado di replicarsi nell'uomo) sono stati trasformati in vere e proprie navette di trasporto, necessarie per esprimere e presentare all'organismo la proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2, il “grimaldello” biologico che il virus sfrutta per legarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, scardinare la parete cellulare, inserire l'RNA virale e dare il via al processo di replicazione, che è alla base dell'infezione. A differenza di altri vaccini che sfruttano la tecnologia del vettore virale, lo Sputnik V nel cosiddetto “boost” (la seconda dose) non prevede l'inoculazione dello stesso preparato, ma di uno alternativo che colpisce una porzione differente della proteina S. Secondo gli scienziati questa procedura potenzia la risposta immunitaria e riduce il rischio di resistenze verso il vettore originale. I dettagli sulla ricerca “Safety and efficacy of an rAd26 and rAd5 vector-based heterologous prime-boost COVID-19 vaccine: an interim analysis of a randomised controlled phase 3 trial in Russia” sono disponibili su The Lancet.