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Il sesto senso esiste ed è più sviluppato nelle persone ansiose

I ricercatori hanno identificato a quali aree del cervello corrisponda il sesto senso e hanno scoperto che le persone ansiose tendono a percepire prima il pericolo.
A cura di Zeina Ayache
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Non tutta l'ansia viene per nuocere. Secondo i ricercatori francesi, le persone più apprensive avrebbero un sesto senso più sviluppato e riuscirebbero a captare prima l'arrivo di un pericolo. Per la prima volta uno studio sembrerebbe essere riuscito a dimostrare sia l'esistenza del sesto senso che abbiamo per il pericolo, sia le aree del cervello coinvolte in questa analisi della situazione. Lo studio, intitolato “Anxiety dissociates the adaptive functions of sensory and motor response enhancements to social threats”, è stato pubblicato su eLife.

Per giungere a queste conclusioni, gli scienziati francesi, guidati dall'autrice Marwa El Zein, hanno misurato i segnali elettrici emessi dai cervelli dei 24 volontari ai quali è stato chiesto di identificare la paura o la rabbia sui volti di alcune persone, riprodotti digitalmente. In alcuni casi i volti erano gli stessi, a cambiare era però la direzione dello sguardo che in alcuni casi era rivolto ai partecipanti, in altri no.

I dati raccolti hanno dimostrato una maggior reattività del cervello alla vista di volti che guardavano dritto negli occhi dei volontari. Quanto ai segnali elettrici cerebrali, che reagivano in risposta alla paura in soli 200 millisecondi, i ricercatori hanno scoperto che differivano tra soggetti ansiosi e non. Nel primo caso infatti, la preoccupazione attivava la parte del cervello implicata nell'azione, nel secondo invece quella del riconoscimento facciale.

In generale comunque il nostro cervello tende a reagire prima quando si trova di fronte a segnali negativi che, da un punto di vista adattativo e rispetto a quelli positivi, richiederebbero da parte nostra un'azione immediata come la fuga.

Oggi forse i pericoli sono cambiati rispetto a quando l'essere umano viveva di caccia in piccoli villaggi, ma certe dinamiche nel nostro cervello restano sempre le stesse.

[Foto copertina di Unsplash]

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