Il senso di superiorità? E’ solo un “bug” del cervello
Se nel vostro animo alberga la convinzione di esser più bravi degli altri nell'eseguire operazioni di diverso tipo, dal cucinare al guidare, dal districarsi nelle situazioni complesse al gestire contemporaneamente le attività di un computer, ebbene sappiate che questo potrebbe dipendere non da una fondata e tangibile superiorità, bensì da una sorta di "baco" che accomuna i cervelli della maggior parte delle persone e che crea quella "illusione di superiorità" che, nella buona parte dei casi, può essere totalmente in disaccordo con la realtà delle nostre capacità.
Niente per cui valga la pena preoccuparsi ma, anzi, probabilmente un piccolo "difetto di fabbrica" che può aiutare ad affrontare meglio la fatica, e talvolta la mediocrità, della vita quotidiana: questa sorta di inganno cognitivo verso se stessi, infatti, non sfiora i soggetti colpiti da depressione, anche moderata. Insomma, i pazienti depressi guarderebbero all'esistenza con maggiore realismo ma tale approccio è facilmente in grado di sconfinare nel pessimismo esasperato dei casi più gravi. I ricercatori autori di questa scoperta, i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista scientifica PNAS, sostengono in conclusione che l'illusione di superiorità che caratterizza la maggioranza degli individui possa costituire uno "scudo" naturale per difendersi dal rischio della depressione: profondamente radicata nei processi evolutivi dell'umanità, essa costituisce il fondamento della fiducia nel futuro.
Questa illusione viene determinata dall'interazione tra corteccia frontale e corpo striato ed è regolata dalla dopamina, neurotrasmettitore il cui rilascio è legato a stimoli che prevedono una ricompensa (quindi piacere) e il cui incremento nell'organismo, ottenuto attraverso terapie farmaceutiche, è utilizzato come strumento di cura della depressione. A seconda degli individui, l'illusione si presenta in forme e gradi differenti: gli autori dello studio, guidati dal professor Makiko Yamada dell'istituto nazionale giapponese di scienze radiologiche, hanno quindi provato a misurarne il livello attraverso un test cognitivo condotto su un campione di 26 soggetti. La risonanza magnetica a cui sono stati successivamente sottoposti i volontari ha consentito di individuare il modello di attività delle aree neurali coinvolto nel meccanismo dell'illusione di superiorità. I risultati, auspicano i ricercatori, potrebbero aprire la strada a nuovi approcci terapeutici per i pazienti affetti da depressione, più realisti e, proprio per questo, privi di quell'"inganno" che forse aiuta tutti a vivere un po' meglio.