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Il problema delle varianti Covid in Italia è che non le stiamo cercando

Nel nostro Paese vengono sequenziati appena 1,4 campioni ogni 1000 casi di Covid, quasi 40 volte in meno di quanto avviene nel Regno Unito. Un’emergenza nell’emergenza di cui bisognerebbe forse preoccuparsi più delle varianti stesse per stare al passo con la loro diffusione.
A cura di Valeria Aiello
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Varianti su varianti –  tre in particolare, inglese, brasiliana e sudafricana – , contro le quali si raccomanda “di intervenire per contenere o rallentare a diffusione, rafforzando o innalzando le misure in tutto il Paese”. Queste le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per l’emergenza varianti in Italia, ma per capire la reale portata del problema e comprendere perché le versioni mutate del coronavirus siano così preoccupanti, il nostro Paese sta facendo davvero poco.

Il problema delle varianti in Italia

Un esempio arriva dalla prima stima sulla diffusione della variante inglese (B.1.1.7) sul territorio nazionale, per la quale sono trascorsi quasi due mesi da quando il Regno Unito ha segnalato il rapido aumento di casi. Un monitoraggio – il primo di una serie assicura l’ISS – basato su circa 4mila casi a fronte di decine di migliaia di nuovi contagi a settimana, mettendo ulteriormente in evidenza come i dati sulla circolazione delle varianti, che si ottengono sequenziando il genoma del virus, siano a dir poco insufficienti. Per non parlare degli studi sugli effetti delle mutazioni, per i quali il contributo italiano nella ricerca scientifica risulta pressoché assente.

Una conferma diretta di questa carenza arriva dai dati degli archivi pubblici, come Gisaid. Nello sforzo di sequenziamento globale, l’Italia è tra i peggiori Paesi al mondo. Nella mappa riportata qui sotto, il nostro Paese è in verdino pallido, la tonalità più chiara che identifica le regioni con 0-2 sequenze ogni mille casi di Covid.

Ad oggi, l’Italia ha infatti sequenziato appena 1,46 campioni ogni mille casi di Covid, quasi 40 volte in meno di quanto fatto nel Regno Unito.

Sequenze ogni mille casi di Covid / Gisaid
Sequenze ogni mille casi di Covid / Gisaid

Il confronto con Oltremanica è impietoso anche sui tempi impiegati per caricare i dati negli archivi. L’Italia impiega un tempo medio di circa due mesi, mentre il Regno Unito di 21 giorni. “Stiamo vedendo soltanto la punta dell’Iceberg – dice in un articolo pubblicato sull’edizione italiana di Nature il professore Francesco Lescai, docente di Bionformatica presso l’Università di Pavia ed esperto nello sviluppo di pipeline per l’analisi e il sequenziamento genico – . Senza un’analisi più approfondita delle varianti in circolazione, brancoliamo nel buio”.

Un’opinione condivisa anche dal virologo dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Roberto Burioni, che su Twitter ha riportato uno stralcio dell’articolo di Nature Italy. “Se volete preoccuparvi per le varianti ecco un concreto motivo: non le cerchiamo, così come non cercavamo il virus il febbraio scorso”. Un’emergenza nell’emergenza, di cui bisognerebbe probabilmente preoccuparsi più delle varianti stesse per poter riuscire a stare al passo con la loro diffusione.

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