Il primo motore ad aria per satelliti è realtà: perché lo abbiamo testato in Italia
Testato con successo in laboratorio il primo propulsore ionico per satelliti che sfrutta aria al posto del tradizionale carburante chimico. Lo ha messo a punto un team di ricerca internazionale coordinato dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA), con la quale hanno collaborato l'azienda italiana Sitael di Bari e la polacca QuinteScience. I test dell'avveniristico motore, che ha gettato le basi per una vera e propria rivoluzione nelle future missioni spaziali, sono stati effettuati negli impianti di prova della società pugliese.
L'ESA lavorava a un booster elettrico per satelliti da un decennio, e il primo esperimento funzionante (ma parziale) è stato quello del dispositivo GOCE (Gravity Field and Steady-State Ocean Circulation Explorer), lanciato il 17 marzo del 2009 e fatto rientrare nell'atmosfera terrestre – dove si è disintegrato – l'11 novembre del 2013. In quel caso il satellite per funzionare aveva comunque bisogno dello Xeno come propellente di supporto, esaurito il quale (circa 40 chilogrammi) non ha più potuto svolgere le sue funzioni. Con questo nuovo motore, invece, i satelliti avranno una vita molto più lunga, inoltre si potranno abbattere i costi delle missioni, dato che tra le voci più incisive nell'economia di un lancio c'è proprio il peso legato carburante. Da non sottovalutare anche il ridotto impatto ambientale di un simile sistema.
Ma nello spazio non c'è aria, allora come funziona questo motore ionico? A causa di questo limite, un simile propulsore è pensato per satelliti che viaggiano nell'orbita bassa terrestre, a circa 200 chilometri di altezza. A quella quota, normalmente, le poche molecole d'aria fanno attrito sui satelliti e col tempo li trascinano in basso, fino a farli bruciare nell'atmosfera. I ricercatori dell'ESA hanno progettato un motore in grado di catturare e comprimere quelle poche molecole, e con l'ausilio dell'energia solare riesce a convertirle in propellente, quanto basta per mantenere in orbita il dispositivo.
I test condotti in Italia sono stati effettuati in una camera del vuoto nella quale sono stati simulati un ambiente a 200 chilometri di altitudine e una velocità del satellite di 7,8 chilometri al secondo. Il sistema di propulsione è a doppio stadio e tecnicamente ‘semplice', senza valvole o altre componenti complesse, ma con un cuore che carica le molecole raccolte, le accelera e le espelle per dare la spinta. Nella prima fase del test il motore è stato acceso con lo Xeno, ma lentamente il propellente chimico è stato sostituito con una miscela d'azoto e ossigeno, infine solo con aria atmosferica, dimostrando che il propulsore ionico funziona perfettamente anche solo con quest'ultima. Satelliti equipaggiati con questo motore, oltre che nell'orbita bassa terrestre, potranno essere spediti anche attorno a Marte e ad altri pianeti con un'alta atmosfera compatibile.
[Credit: Sitael/ESA]