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Il monaco che costruì la macchina del tempo

Quarant’anni fa l’incredibile dichiarazione di padre Pellegrino Ernetti, inventore di un cronovisore per vedere e ascoltare il passato.
A cura di Roberto Paura
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Leggenda vuole che nei sotterranei del Vaticano sia celata la più incredibile delle invenzioni: una sorta di macchina del tempo capace, se non di portare chi la utilizza indietro nel passato, perlomeno di captare immagini e voci provenienti da episodi avvenuti anche molti secoli fa. Padre Pellegrino Ernetti l’aveva battezzato “cronovisore” e probabilmente doveva essersi ispirato a uno dei migliori racconti di Isaac Asimov, il grande scrittore di fantascienza, intitolata Il cronoscopio (1956). In essa, Asimov immaginava la possibilità di costruire un congegno capace di vedere il passato: inizialmente utilizzato per ricerche storiche – per esempio per saperne di più sui costumi dei Cartaginesi – ma poi diventato strumento di controllo, perché il passato può essere anche un secondo o una frazione di secondo dopo il momento presente, e quindi in linea di principio il cronoscopio avrebbe permesso di guardare il presente in lievissima differita. Forse anche per questo, allora, Pellegrino Ernetti avrebbe acconsentito a consegnare il suo cronovisore ai prelati del Vaticano, perché lo nascondessero per sempre. Magari anche perché avrebbe potuto permettere di scoprire verità del passato che la Chiesa non voleva rendere note.

La pseudoscienza della psicofania

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Una storia affascinante, certo, ma anche inventata di sana pianta, nonostante molti complottisti continuino a sostenere il contrario. Pellegrino Ernetti era un uomo davvero singolare: monaco benedettino al convento di San Giorgio Maggiore, a Venezia, era un musicologo esperto e un appassionato di fisica quantistica. L’inizio della straordinaria storia del cronovisore inizia, come raccontò quarant’anni fa in una sensazionale intervista alla Domenica del Corriere, a Milano, dove collaborava con padre Agostino Gemelli nel laboratorio di fisica dell’Università del Sacro Cuore. Un giorno si rese conto che era rimasta impressa su un nastro una voce sconosciuta: Agostino Gemelli aveva invocato il padre defunto e la voce sul nastro rispondeva all’invocazione. Si trattava di una voce proveniente dall’aldilà? Una branca di studi di pseudoscienza, la psicofonia, sostiene che ciò sia possibile: molti medium affermano di riuscire a captare le voci dei defunti attraverso una radio tenuta accesa in una camera silenziosa. Gli studiosi ritengono si tratti invece di semplice rumore di fondo e scariche statiche che vengono poi fantasiosamente interpretate da chi le ascolta.

Ma da quella esperienza di psicofonia, padre Pellegrino Ernetti passò a cercare il modo di costruire uno strumento capace di captare le voci del passato e addirittura le immagini di secoli prima. Un primo esperimento di prova fu realizzato tentando di raccogliere la voce di Mussolini in un discorso che era stato registrato a suo tempo e quindi poteva essere confrontato con il campione raccolto. Il test fu un successo ed Ernetti passò a compiere imprese straordinarie: captare la voce di Napoleone e quella di Cicerone mentre pronunciava la prima delle sue catilinarie; recuperare una famosa tragedia latina andata in buona parte perduta, il “Thyestes” di Quinto Ennio; e infine arrivare a osservare e fotografare la crocifissione di Gesù Cristo. La pubblicazione di una versione integrale del “Thyestes” e di una foto di Gesù sulla croce furono le uniche prove che padre Ernetti fornì riguardo il suo cronovisore. Sul suo funzionamento rimase vago, sostenendo che si basasse sul principio fondamentale della fisica riguardo la conservazione dell’energia, che permetterebbe di recuperare le onde sonore e visive emesse nel passato.

La foto di Gesù sulla croce

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Scientificamente, si trattava di affermazioni improbabili. Pur ammettendo in linea di principio la possibilità di ricostruire trasmissioni audio o video del passato emesse sotto forma di radiazione elettromagnetica, in nessun caso sarebbe possibile recuperare immagini o voci di scene avvenute tanti secoli fa non emesse sotto forma di onde radio. Quando parliamo, la nostra voce non è che un’emissione di aria che si disperde senza lasciare traccia, non un’onda elettromagnetica. E ciò che vediamo è solo l’effetto dell’interazione tra i fotoni della luce e la nostra retina, che li trasforma in informazioni per il nostro cervello. Nulla che sia recuperabile, né riproducibile. Il cronovisore di padre Ernetti non era quindi scienza, ma pura pseudoscienza. E infatti le due prove fornite furono presto smentite: come racconta il giornalista Massimo Polidoro del CICAP in un articolo su Focus, una delle massime esperte delle opere di Quinto Ennio, Katherine Owen Eldred dell’Università di Princeton, faceva notare che i versi nuovi del “Thyestes” pubblicati da Ernetti includevano parole latine entrate in uso duecentocinquanta anni dopo la stesura di quell’opera, mentre la foto di Gesù sulla croce non proveniva affatto dal I secolo a.C. ma da un moderno crocifisso in legno.

Di fronte a queste critiche, padre Pellegrino Ernetti si trincerò nel silenzio, raccontando che il cronovisore non era frutto della sua immaginazione ma del lavoro di decine di fisici eminenti tra cui citava Enrico Fermi e Werner Von Braun, entrambi all’epoca già morti, quindi impossibilitati a testimoniare. Confermò che il cronovisore non era più in suo possesso perché i potenti temevano un suo uso improprio. E il teologo padre François Brune, molto vicino a Ernetti, alimentò il mito che la macchina del tempo fosse stata nascosta in Vaticano, come racconta in un suo libro uscito nel 2003. Ma nemmeno Brune ebbe mai modo di vedere il cronovisore, pur restando un convinto assertore della sua veridicità, da buon appassionato di psicofonia. Sembra che alla fine, in punto di morte, Ernetti abbia confessato che si era trattato di una messa in scena, a fin di bene: la sua speranza era di convincere gli scienziati a lavorare a un vero cronovisore capace, soprattutto, di far trionfare la fede in Gesù e la verità del Cristianesimo. Invece, col tempo quella del cronovisore è diventata una leggenda pseudoscientifica che non ha mancato di ispirare molti autori, tra cui Andreas Eschbach con il suo bestseller Lo specchio di Dio (1998) in cui viene ritrovata una registrazione video della crocifissione, e Arthur C. Clarke e Stephen Baxter con La luce del passato (2000) dove si scopre che Gesù era il figlio illegittimo di un centurione romano. 

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