Il mix di vaccini Covid è sicuro? Efficacia e rischi della vaccinazione eterologa dopo AstraZeneca
Dopo il parere della Commissione tecnico scientifica (Cts) dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa e la circolare del Ministero della Salute sulla vaccinazione eterologa per le persone sotto i 60 anni che hanno ricevuto una prima dose di Astrazeneca, in Italia si procede con l’impiego di un vaccino anti-Covid diverso per il secondo richiamo. L’indicazione è di utilizzare i vaccini a mRna Pfizer o Moderna, da somministrare a distanza di 8-12 settimane dalla prima dose di Astrazeneca. Ma su quali dati si basa il cambio di strategia? E quali sono i rischi e i possibili effetti collaterali dell’uso di un differente vaccino per il richiamo?
Seconda dose con Pfizer (o Moderna) dopo Astrazeneca: è sicuro?
L’Agenzia europea dei medicinali (EMA) non si è ancora pronunciata in merito ma, prima che in Italia, la modifica del programma vaccinale – alla luce delle preoccupazioni relative ai rari casi di trombosi associata a carenza di piastrine dopo la prima dose di Astrazeneca – è già stata approvata in Canada e in diversi Paesi europei, tra cui Germania, Francia, Norvegia, Svezia, Finlandia e più recentemente in Spagna, con evidenze di sicurezza ed efficacia che sono state confermate da una serie di studi clinici su diverse centinaia di persone, i cui risultati sono stati resi noti nelle ultime settimane.
Gli studi sul mix di vaccini Astrazeneca e Pfizer
Gli studi decisivi per l’Aifa sono stati condotti in Spagna e nel Regno Unito e hanno messo in luce la sicurezza dell’approccio anche in termini di effetti collaterali. Il primo è lo studio spagnolo CombiVacs, pubblicato in preprint su The Lancet, che ha valutato l’uso di Pfizer a 8-12 settimane dalla prima dose di Astrazeneca nell’ambito di un trial clinico che ha coinvolto complessivamente 676 persone, di cui 441 nel braccio di vaccinazione eterologa.
Il profilo di reattogenicità (le reazioni locali o sistemiche, ndr) di Pfizer come seconda dose in soggetti già vaccinati con Astrazeneca è risultato “accettabile e gestibile” hanno osservato gli studiosi, indicando che gli effetti collaterali sono stati “prevalentemente lievi” per la maggior parte delle persone (68,3%) o “moderati” in circa il 30% dei casi. “Più frequentemente consistevano in dolore (88,2%) e indurimento (35,5%) nel sito di iniezione, cefalea (44,4%) e mialgia (43,3%) – si legge nei risultati dello studio – . Non sono stati segnalati eventi avversi gravi”.
Per il secondo studio, guidato dal vaccinologo dell’Oxford Vaccine Group Matthew Snape e denominato Com-Cov, sono invece stati riportati su The Lancet solo alcuni dati iniziali relativi agli effetti collaterali in seguito alla somministrazione di Pfizer dopo 4 settimane dalla dose iniziale di Astrazeneca. L’indagine, che verrà completata dai dati sul regime vaccinale a 12 settimane (i cui risultati “verranno pubblicati a breve”), ha per ora evidenziato un aumento degli effetti collaterali sistemici rispetto a coloro che hanno ricevuto due dosi dello stesso vaccino a 4 settimane.
“La febbre è stata riportata da 37 persone (34%) su 110 destinatari della combinazione Astrazeneca / Pfizer rispetto a 11 (10%) su 112 destinatari di due dosi di Astrazeneca, con un aumento medio del 24%”. Aumenti analoghi, hanno aggiunto gli studiosi, sono stati osservati per brividi, affaticamento, mal di testa, dolori articolari, malessere e dolori muscolari. Ad ogni modo, in considerazione della possibilità che farmaci come il paracetamolo possano “aiutare a mitigare” questi effetti collaterali – l’uso di paracetamolo “è in fase di studio nei partecipanti a Com-Cov con regime vaccinale a 12 settimane” precisano gli studiosi – “è rassicurante che tutti i sintomi di reattogenicità siano stati di breve durata e che non ci fossero preoccupazioni sulla base dei vaccini ematologici e biochimici disponibili”, in particolar modo in relazione alle reazioni avverse gravi, come appunto la trombosi con carenza di piastrine “che non è stata segnalata in nessun partecipante allo studio”.
L’efficacia della vaccinazione eterologa
La risposta alla somministrazione di una dose di Astrazeneca e il richiamo con il vaccino di Pfizer produce “forti risposte immunitarie”, paragonabili se non più robuste di quelle osservate con due dosi di Pfizer. Ad indicarlo sono almeno tre studi, compreso lo spagnolo CombiVacs che, nel dettaglio, ha osservato “un aumento di quattro volte della risposta immunitaria cellulare”.
Analogamente, uno studio indipendente, condotto in Germania in un gruppo di 340 operatori sanitari dell’ospedale universitario Charité di Berlino, di cui 61 hanno ricevuto la prima dose di Astrazeneca e la seconda di Pfizer-BionTech a distanza di 10-12 settimane, ha indicato che “la vaccinazione eterologa è stata nel complesso ben tollerata”, determinando una risposta anticorpale forte e “ampiamente comparabile alla vaccinazione omologa con due dosi di Pfizer con un intervallo standard di 3 settimane”.
Incoraggianti anche i dati relativi alla risposta immunitaria cellulo-mediata, che può aumentare la risposta anticorpale ed eliminare le cellule già infette: la stessa analisi, disponibile in preprint su MedRXiv ha infatti indicato che i sanitari che hanno ricevuto il mix vaccinale hanno avuto una risposta leggermente migliore in termini di cellule T, risultata più potente a parità di tollerabilità e sicurezza. Un terzo team di ricerca che ha condotto un ulteriore studio a Ulm, in Germania, ha indicato risultati comparabili. Anche questa indagine è pubblicata in preprint su MedRXiv.
Rischi/benefici secondo gli esperti
In attesa di ulteriori dati, sulla promettente validità dell’utilizzo combinato concorda buona parte degli esperti, che sottolinea come la vaccinazione eterologa abbia solide basi immunologiche e biologiche, senza apparire sconsigliabile sul fronte della sicurezza. Secondo Guido Rasi, ex direttore generale dell’Ema e attuale consulente del commissario straordinario Francesco Figliuolo, la vaccinazione eterologa è la “soluzione ottimale”. Anche secondo la professoressa Antonella Viola, immunologa e Direttore Scientifico dell’Istituto di Ricerca Pediatrica (IRP-Città della Speranza) a Padova “il mix di vaccini attiva molto bene il sistema immunitario, con più effetti collaterali lievi ma meno rischio trombosi”.
Dello stesso avviso il virologo Fabrizio Pregliasco, per il quale la decisione “rappresenta un elemento di rassicurazione per minimizzare anche il più piccolo e residuale rischio rispetto al vaccino prodotto dalla farmaceutica anglo-svedese”. Qualche dubbio è stato invece espresso dal Direttore di Infettivologia al policlinico dell’Università Tor Vergata di Roma, Massimo Andreoni, che ha manifestato qualche perplessità sull’opportunità di estendere la vaccinazione eterologa all’intera platea di under 60. “Penso – ha affermato Andreoni – che l’esigenza di mescolare i vaccini diversi si ponga solo per i soggetti che dopo la prima vaccinazione AstraZeneca abbiano avuto rilevanti disturbi neurologici”.
Ad ogni modo, rispetto agli studi registrativi sull’uso di due dosi omologhe nonché gli studi successivi, che hanno incluso un elevato numero di partecipanti, i dati sulla vaccinazione eterologa sono ancora limitati, pur indicando un “rilevante potenziamento anticorpale” e una buona capacità di produrre difese, come puntualizzato dalla stessa Cts dell’Aifa. Quanto alla maggiore frequenza di effetti collaterali locali e sistemici emersa nello studio inglese, la Cts conferma come nel complesso questi appaiano “accettabili e gestibili”. Il principio è quello della “massima cautela”, in considerazione del pericolo rappresentato dal rischio di tromboembolia dopo la vaccinazione con Astrazeneca che, secondo i dati del Regno Unito, è pari a 1,3 casi per milione di somministrazioni, dunque un decimo dei già rari fenomeni osservati dopo la prima dose.