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Il maltempo ci costa 875 000 euro al giorno

Cifre da capogiro quelle denunciate dall’ultimo rapporto di Legambiente; che potrebbero essere notevolmente ridimensionate se venisse attuato un serio piano per difendere il suolo e attenuare il rischio idrogeologico. Ma le manovre finanziarie hanno azzerato i fondi destinati alla prevenzione.
A cura di Nadia Vitali
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Cifre da capogiro quelle denunciate dall'ultimo rapporto di Legambiente, che potrebbero essere notevolmente ridimensionate se venisse attuato un serio piano per difendere il suolo e attenuare il rischio idrogeologico. Ma le manovre finanziarie hanno azzerato i fondi destinati alla prevenzione.

In un giorno sono caduti 366 millimetri di pioggia sul territorio della Lunigiana e 500 a Brugnato, in provincia di La Spezia, mentre a Genova, in sole 13 ore, si sono abbattuti violentemente sulla città 300 millimetri di acqua imprevisti. Numeri impressionanti per eventi devastanti, assai più simili alle grandi precipitazioni tropicali che a quelle tipiche delle nostre zone temperate: gli scienziati confermano sempre più quello che i disfattisti continuano a definire un semplice luogo comune.

L'ultimo rapporto di Legambiente dal titolo Frane e Alluvioni: disastri innaturali mette in luce i due elementi fondamentali che hanno concorso al verificarsi delle tragedie che hanno sconvolto Liguria e Toscana nelle ultime settimane e che hanno tracciato un sentiero di morte negli anni passati anche in altre zone del territorio: basti pensare alle alluvioni che nel 2009 hanno flagellato Toscana, Liguria e Sicilia o al 2010, quando il Piemonte è stato colpito da piogge torrenziali ad agosto, mentre in novembre Veneto e Friuli Venezia Giulia venivano messe in ginocchio.

«Fenomeni che prima si verificavano una volta ogni 50 anni ormai si ripresentano annualmente portando conseguenze disastrose e a volte tragiche per i territori colpiti»: oggi in vertiginoso aumento, in particolare a causa del riscaldamento globale che sta radicalmente modificando il clima dell'intero pianeta, con effetti su ambiente, ecosistema, agricoltura e, purtroppo, anche con i risvolti drammatici che l'Italia si è trovata a vivere in questi ultimi giorni.

Tuttavia, i mutamenti su scala mondiale sono responsabili soltanto in parte di quanto è accaduto: «Una gestione sbagliata del territorio e delle aree considerate ad elevato rischio idrogeologico, la mancanza di adeguati sistemi di allertamento e piani di emergenza per mettere in salvo la popolazione, insieme ad un territorio che non è più in grado di ricevere precipitazioni così intense, sono i fattori che hanno trasformato un violento temporale in una tragedia».

Basti pensare che nel nostro paese, ogni anno, 500 nuovi chilometri quadrati vengono sottratti alla natura o alle coltivazioni per diventare edifici, infrastrutture o, comunque sia, per essere mangiati dal cemento; nell'ultimo decennio, 300 000 ettari di superficie agricola sono andati perduti e molti di questi hanno subito un semplice abbandono a causa della mancata politica di investimenti nel settore primario. Abbandono che, molto spesso, comporta ulteriori gravi problemi, qualora si verifichino eventi atmosferici straordinari come quelli che stanno diventando ordinari anche da noi.

Centinaia di migliaia di euro vengono stanziate ogni anno per far fronte ai disastri causati da frane ed alluvioni che si verificano sul martoriato territorio: il calcolo di Legambiente ha posto in evidenza come il «bilancio delle emergenze» a partire dall'alluvione di Messina del 1 ottobre 2009 (che, ricordiamo, costò la vita a più di trenta persone, alcune mai ritrovate) fino ad arrivare agli ultimi eventi della Lunigiana è di 640 milioni di euro: in altre parole, il nostro paese spende ogni giorno 875 000 euro per pagare danni, a cui vanno aggiunti i 200 milioni che andranno alla  città di Genova.

Danni che si potrebbero evitare? Sì. Senza cadere nei qualunquismi e nelle facili accuse dei giorni successivi, è indiscutibile che un territorio debba essere tutelato, soprattutto se naturalmente soggetto a potenti agenti atmosferici. Il continuo e dissanguante stanziamento di soldi destinati a tamponare e questa perdita avvilente di vite umane potrebbero essere fortemente ridimensionati dalla messa in pratica di un piano per la prevenzione, da parte del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio.

Manovre finanziarie recenti, dettate dalla fretta e da pressioni interne ed esterne, hanno, ad esempio, azzerato il miliardo di euro che nel 2009 era stato messo a disposizione «per la difesa del suolo e la mitigazione del rischio idrogeologico, tanto da mettere in discussione gli accordi con le regioni», mentre 2 miliardi e mezzo di fondi statali e regionali previsti per l'attuazione del piano straordinario, non si fanno ancora vedere. E nell'attesa che qualche "mente illuminata" comprenda che investire prima significa guadagnare nel lungo tempo, non resta che aspettare; pregando il cielo che, almeno lui, sia clemente per questa volta.

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