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Il livello dei mari può salire di altri 4 metri con lo scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide

I ricercatori dell’Università della California hanno calcolato che la fusione della calotta glaciale dell’Antartide orientale determinata dal riscaldamento globale potrebbe avere un impatto devastante sulle città costiere, contribuendo in maniera significativa all’innalzamento del livello dei mari.
A cura di Valeria Aiello
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La stabilità della calotta glaciale antartica è una delle principali incertezze nel calcolo dell’aumento del livello dei mari dovuto al riscaldamento globale. Per decenni gli scienziati hanno ritenuto che i ghiacci siano rimasti stabili per migliaia di anni ma recenti studi hanno messo in dubbio questa convinzione. In particolare, l’ultimo lavoro di un gruppo di ricercatori dell’Università della California Santa Cruz ha fornito nuove prove di un consistente scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide orientale risalente a circa 400mila anni fa.

Lo studio, pubblicato su Nature, si è concentrato sul bacino di Wilkes, una distesa di ghiaccio lunga circa 1.400 km e larga 400 km la cui fusione determinerebbe un innalzamento del livello dei mari di 4 metri. “I nostri risultati mostrano che la linea di terra nel bacino di Wilkes si è ritirata di 700 chilometri nell’entroterra durante uno degli ultimi periodi interglaciali della Terra, quando le temperature globali erano di 1-2 °C più alte di adesso – spiega Terrence Blackburn, primo autore dello studio – . Ciò probabilmente ha contribuito all’innalzamento del livello del mari di circa 3-4 metri, con la Groenlandia e l’Antartide occidentale che insieme hanno contribuito di altri 10 metri”. In altre parole, in seguito a un periodo di riscaldamento globale paragonabile a quello previsto dagli attuali scenari sulle emissioni dei gas serra, si è assistito a un aumento del livello dei mari di circa 13 metri.

Per arrivare a questa determinazione, Blackburn e i suoi colleghi hanno usato una nuova tecnica basata su misurazioni isotopiche in depositi minerali di uranio-234 (U-234), un isotopo dell’uranio che si accumula molto lentamente nelle acque a contatto con le rocce. L’analisi ha suggerito che, 400mila anni fa, i ghiacciai del bacino di Wilkes si sciolsero, permettendo all’isotopo di accumularsi. Non una buona notizia per chi vive nelle città costiere, dove anche un leggero innalzamento del livello dei mari potrebbe avere un impatto devastante. “Tuttavia – concludono i ricercatori –  nonostante i ghiacciai rispondano lentamente ai cambiamenti climatici determinati dal riscaldamento globale, dobbiamo capire cosa è accaduto in condizioni simili in passato per comprendere cosa succederà su una scala temporale più ampia”.

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