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Il legame tra gli uragani nordamericani e gli incendi in Amazzonia

Gli scienziati americani hanno indagato nella correlazione tra due fenomeni apparentemente distinti attraverso uno studio che punta il dito contro l’aumento delle temperature nell’oceano Atlantico.
A cura di Nadia Vitali
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I ricercatori della Univeristy of California presso Irvine e della NASA hanno individuato per la prima volta il legame esistente tra un elevato rischio di incendi nel bacino amazzonico e i devastanti uragani che hanno colpito il continente nord-americano: lo hanno fatto attraverso uno studio i cui risultati sono stati resi noti in un paper pubblicato da Geophysical Research Letters, in prossimità del decimo anniversario del calamitoso uragano Katrina che nel 2005 distrusse New Orleans.

Oceani più caldi…

Il lavoro ha evidenziato come le condizioni dell’oceano Atlantico che avevano causato una stagione di uragani particolarmente violenti siano state le stesse che hanno originato la riduzione del flusso di umidità atmosferica in Sud America, innestando un effetto di aumento della siccità e, quindi, del rischio di incendi nella vasta area dell’Amazzonia. La temperatura più alta delle acque oceaniche, infatti, aiuta gli uragani a svilupparsi e a prendere maggiore forza e velocità nel corso del loro cammino verso il Nord America; questo crea anche una larga fascia di piogge nella zona equatoriale che porta via l’umidità dalle aree meridionali del continente, causando così l’incremento del rischio di incendi.

… E aria più secca

Il fenomeno che collega gli uragani agli incendi della foresta si articola, a grandi linee, in questo modo: quando le acque superficiali dell’Atlantico sono più calde del normale, si avrà un minor numero di precipitazioni nel bacino amazzonico. Allorché la stagione delle piogge sarà conclusa, quindi, le riserve di acqua del territorio non si saranno del tutto “ricaricate”. Con il giungere della seguente stagione secca, con minori quantità di acqua accumulate nei suoli, le piante non potranno far traspirare ed evaporare abbastanza acqua attraverso le proprie foglie e i propri steli: il risultato sarà un’atmosfera sempre più secca, nella quale per gli incendi è particolarmente facile diffondersi rapidamente e in maniera incontrollabile. A quel punto, trascorsi tra i 3 e i 6 mesi, anche i piccoli fuochi accesi dai contadini per ragioni agricole troveranno un ambiente ideale per divampare attraverso i campi e distruggere il più possibile.

Le acque calde dell'oceano nell'agosto del 2005 (Scientific Visualization Studio, NASA’s Goddard Space Flight Center)
Le acque calde dell'oceano nell'agosto del 2005 (Scientific Visualization Studio, NASA’s Goddard Space Flight Center)

Un sistema unico e interconnesso

«La sincronizzazione tra i devastanti incendi delle foreste sudamericane e le tempeste tropicali del Nord America evidenzia quanto sia importante considerare la Terra come un sistema» sottolinea Douglas Morton del Goddard Space Flight Center della NASA presso Greenbelt, tra gli autori dello studio. Un sistema unico nel quale anche “il battito d’ali di una farfalla” – come sappiamo – ha un suo peso determinante.

Previsioni più precise

Gli scienziati hanno analizzato i dati relativi agli uragani e alle temperature, registrati negli anni dalla National Oceanic Atmospheric and Administration, e agli incendi, raccolti grazie ai satelliti NASA. Il merito del lavoro è quello di contribuire a chiarire alcuni meccanismi meteorologici, fornendo così la possibilità di effettuare previsioni più accurate che potrebbero rivelarsi fondamentali quando si parla di eventi distruttivi come gli uragani e gli incendi. Ma soprattutto dovrebbe essere un utile strumento nelle mani dei governanti di tutto il mondo, non solo del continente americano, per comprendere con anticipo a quali fenomeni drammatici si va incontro a causa del cambiamento climatico.

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