Il laser più potente del mondo sarà costruito in Europa
Un laser di intensità di sei ordini di magnitudine maggiore dei più potenti attualmente in circolazione. Un’impresa titanica che l’Unione europea intende realizzare nei prossimi anni con un investimento di circa 900 milioni di euro, e che affiancherebbe l’acceleratore di particelle LHC e il costruendo – e discusso – reattore sperimentale a fusione nucleare ITER come terza più grande infrastruttura di ricerca scientifica europea nell’ambito della fisica. Al progetto collaborano 13 paesi europei (tra cui l’Italia) e nei prossimi mesi sarà scelto il sito che ospiterà il piatto forte di una struttura divisa in ben quattro parti, le prime tre già assegnate a Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. A cosa servirà? Non solo a indagare i più piccoli costituenti della materia, in modo diverso dall’acceleratore LHC del Cern di Ginevra, ma anche a fornire un possibile strumento tecnologico per risolvere il problema delle scorie radioattive e per far progredire le radioterapie nella cura del cancro.
Dall'ottica relativista a quella ultrarelativistica
Per una volta, quindi, non si potrà parlare di spese esagerate per la sola ricerca pura. La tecnologia laser, del resto, è tra quelle maggiormente capaci di produrre importanti ricadute nell’industria e nella medicina, ed è proprio da questa convinzione che l’Unione europea è partita per sviluppare il progetto ormai prossimo alla fase esecutiva. I primi tre siti infatti diverranno operativi nel 2015 mentre l’anno prossimo inizierà la realizzazione dell’ultimo impianto, che sarà pronto nel 2017. Alla base c’è l’idea di andare a esplorare sperimentalmente uno dei settori di frontiera della fisica, la cosiddetta ottica relativistica, che sfruttando le capacità dei laser ha prodotto fenomeni di grande rilievo tra cui la produzione di particelle subatomiche, di raggi X e di fasci di raggi gamma. Il prossimo passo per la scienza mondiale è quello dell’ottica ultrarelativistica, che attraverso lo sviluppo di laser più potenti potrebbe riuscire a generare fenomeni oltre la scala in cui vigono le leggi della relatività.
ELI, questo il nome in codice, da “Extreme Light Infrastructure”, dovrebbe riuscire a produrre diverse particelle, tra cui fotoni altamente energetici, elettroni, protoni, neutroni, muoni e neutrini per alcune frazioni di secondo. Per la precisione, nel giro di pochi attosecondi o possibilmente di zeptosecondi: per capirci, stiamo parlando rispettivamente di 10-18 secondi e di 10-21. Qual è la dinamica delle particelle elementari a queste scale temporali? Non lo sappiamo, ed ELI potrebbe riuscire a scoprirlo. La potenza dei fasci laser è nell’ordine dei 100 GeV (gigaelettronvolt), capaci di accelerare le particelle dotate di massa a velocità prossime a quelle della luce. Naturalmente, una potenza simile richiede anche un enorme consumo di energia. Il centro di ricerca di Magurele, in Romania, che ospiterà uno dei quattro impianti di produzione dei laser, consumerà circa 10 megawatt di energia, sufficiente a coprire il fabbisogno medio di circa 2500 abitazioni. Buona parte di questo fabbisogno sarà tuttavia coperto da pompe geotermiche presenti in loco.
Soluzioni per il cancro e per le scorie nucleari
Ecologicamente sostenibile, il progetto resta comunque davvero costoso. Ma a giustificare la spesa non c’è solo l’interesse nell’esplorare la fisica dell’infinitamente piccolo, ma anche l’intenzione di produrre ricadute tecnologiche di grande impatto sociale. E’ il caso della radioterapia per il cancro, che già oggi utilizza le applicazioni degli acceleratori di particelle per la cosiddetta adroterapia, che impiega fasci di adroni – la famiglia di particelle composte da quark – per bombardare le cellule tumorali. Le particelle, di solito protoni, sono capaci di distruggere il DNA di queste cellule che, per le loro caratteristiche, non sono in grado di ripararsi. A differenza della tradizionale radioterapia, in questo modo è possibile ridurre gli effetti collaterali colpendo direttamente il bersaglio tumorale. La complessità tecnologica e i costi della terapia ne hanno finora limitato l’applicazione (anche se a oggi circa 100mila pazienti hanno subito tale trattamento). ELI potrebbe sostituire agli attuali ciclotroni e sincrotroni usati per accelerare i fasci di adroni con laser ad alta energia, che lo sviluppo su scala industriale permetterebbe di rendere molto più economici nel giro di pochi anni.
L’altro possibile beneficio riguarda le scorie nucleari. Sappiamo che le attuali centrali atomiche producono significative quantità di scorie radioattive che hanno un tempo di dimezzamento di migliaia o anche decine di migliaia di anni, e che pertanto devono essere stoccate in siti appositi, capaci di resistere a qualsiasi fenomeno naturale o geologico per un tempo estremamente lungo. Un problema non da poco che negli anni ha giustamente sollevato forti critiche da parte degli ambientalisti – e non solo – per la pesante eredità che le successive generazioni si troveranno a dover gestire. ELI potrebbe riuscire a ridurre la radioattività delle scorie da diverse migliaia di anni a pochi secondi. Sembra fantascienza, ma in linea teorica è possibile nel momento in cui si è capaci di agire alla scala a cui avvengono i decadimenti radioattivi. Ci vorranno almeno venti anni per riuscirci, avverte Nicolae-Victor Zamfir, che dirige la parte rumena del programma. Ma i benefici potrebbero essere straordinari. La Commissione europea punta molto su ELI anche da un punto di vista politico: non a caso ha selezionato i siti nell’Europa orientale, per sostenere la ricerca scientifica nei paesi di recente ingresso nell’UE, dove il vecchio modello comunista ha a lungo impedito lo sviluppo di una vivace comunità di ricerca.
Le prossime tappe
L’ultima tappa si chiama ELI-Ultra High Field Facility, ed è il sito di maggiore interesse. A contendersi l’assegnazione della location sono i tre paesi già coinvolti nel progetto – Repubblica Ceca, Ungheria e Romania – insieme al Regno Unito. Probabilmente la scelta sarà rimandata al 2013, a causa delle inevitabili problematiche che simili grandi progetti sollevano. La nuova struttura, che dovrebbe essere pronta nel 2017, dovrebbe riuscire a produrre laser di 200 petawatt di potenza, che non è proprio roba da poco: si tratta di un’energia 100mila volte superiore a quella dell’intera rete elettrica mondiale. La fisica del plasma e l’ottica relativistica dovrebbero rendere possibile questo risultato senza un rilevante impatto sul fabbisogno energetico del paese che ospiterà la struttura. Per l’Italia, la collaborazione è assicurata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Università di Pisa e Politecnico di Milano. Alla fase preliminare partecipano circa venti ricercatori delle tre istituzioni, con l’INFN come principale agenzia di finanziamento.