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Il farmaco che cura l’epatite C in India costa un dollaro (mille in Occidente)

L’ufficio brevetti di Delhi ha semplicemente stabilito che il Sofosbuvir non ha gli elementi di innovazione tali da giustificarne la registrazione. E così il sistema sanitario lo produrrà come generico.
A cura di Redazione Scienze
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Al sistema sanitario italiano il Sofosbuvir costerà 800 euro a pillola, mentre gli indiani acquisteranno l'equivalente a circa un dollaro. E' così che l'ufficio brevetti di Delhi ha risolto la questione apertasi con Gilead, l'azienda farmaceutica che produce il medicinale che cura l'epatite C e che nel subcontinente indiano viene spregiativamente appellata "Killead" (to kill, uccidere, con chiaro riferimento ai prezzi proibitivi imposti e alla condanna a morte che essi comportano per molti malati). Il governo indiano ha semplicemente stabilito che quel farmaco non è sufficientemente innovativo da poter essere registrato presso l'ufficio brevetti e dunque gli stessi principi attivi saranno prodotti in loco e la medicina sarà commercializzata come generico. L'India, come evidenziato dalla mappa dell'Oms sulla diffusione dell'Epatite C nel mondo, è uno dei paesi in cui questa malattia presenta una maggiore incidenza e la richiesta che la casa farmaceutica ha fatto valere in altri stati – 1.000 dollari a pillola – sarebbe stata eccessivamente onerosa anche per lo stato.

Disability–adjusted life year per l'epatite C, una misura che indica gli anni di vita persi causati da una malattia. Più il colore è scuro, maggiore è l'incidenza della malattia (dati Oms 2004).
Disability–adjusted life year per l'epatite C, una misura che indica gli anni di vita persi causati da una malattia. Più il colore è scuro, maggiore è l'incidenza della malattia (dati Oms 2004).

Negli Stati Uniti un ciclo di terapie costa 84.000 dollari circa e i prescrittori di fatto non sono i medici, ma le due aziende assicurative private che ne hanno acquistato i diritti. In Italia l'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha stretto accordi con la Gilead dopo un'estenuante trattativa: il servizio sanitario nazionale pagherà circa 40.000 euro a cura per un totale di 50.000 cure contro l'epatite C a fronte di circa 400.000 malati. Una soluzione, quella concordata dal governo italiano, che dovrebbe coprire la richiesta di assistenza da parte dei malati più gravi e alo stesso tempo non affossare il sistema sanitario del paese che, per l'occasione, ha stanziato un budget di circa un miliardo di euro. In Italia però vige ancora un clima di incertezza, dato che, pur avendo stabilito che i pazienti in gravi condizioni avranno la massima priorità, saranno le Regioni a decidere come gestire le risorse. Inoltre, Antonio Craxì, epatologo a Palermo, parlando al Corriere della Sera osserva che "secondo logica sarebbe meglio privilegiare pazienti con malattia meno avanzata perché possono essere guariti e uscire dal circuito dell’assistenza".

Intanto si cerca un'alternativa al costoso Sofosbuvir. L'Ema (Agenzia europea del farmaco) ha registrato due molecole che, perfezionate e aggregate ad una terza molecola, permetteranno di proporre una cura con tempi di trattamento ridotti e priva di interferone, somministrabile anche a quei pazienti – affetti da Hiv, con cirrosi o con una storia di trapianto del fegato – che allo stato attuale andrebbero incontro a pericolosi effetti collaterali. Il farmaco a cui si sta lavorando, inoltre, si propone di curare tutte le tipologia di epatite C, al contrario di quelle limitate trattate dal Sofosbuvir. Una volta immesso sul mercato un concorrente, la Gilead Science dovrà necessariamente rivedere al ribasso le proprie pretese economiche. Leggi di mercato, applicate alla salute.

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