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Covid 19

“Il coronavirus si trasmette anche con aerosol”: l’appello su mascherine in tutti i luoghi chiusi

Un collettivo di professori e medici francesi chiede l’adozione urgente di vere misure di protezione ora che nuove ricerche scientifiche indicano che la trasmissione avviene non solo con microgocce (droplet) e mani sporche ma anche attraverso aerosol virali presenti nell’aria.
A cura di Valeria Aiello
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Lo diciamo senza ambiguità: il Sars-Cov-2 si trasmette per via aerea: non rendere le mascherine obbligatorie nelle aule scolastiche o negli anfiteatri, nelle sale riunioni, nei laboratori e negli uffici condivisi non è coerente con i dati scientifici e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”. Questo l’inequivocabile appello che arriva da un collettivo di una ventina di professori e medici francesi e diretto alle autorità d’Oltralpe che, in considerazione della forte crescita dei casi di Covid-19 e del costante aumento dei pazienti in terapia intensiva, ha annunciato l’estensione dell’uso delle mascherine negli spazi pubblici nonché la proroga fino a 30 ottobre del divieto di eventi con più di 5.000 persone. “Se queste decisioni attestano la volontà di agire – dicono gli esperti – sono ancora molto insufficienti per arginare la progressione dell’epidemia. Gli attuali protocolli di sicurezza che riguardano i luoghi di lavoro, che sono le prime fonti di contagio in Francia, ma anche le scuole e le università, non prendono in considerazione la trasmissione tramite aerosol”.

“Il coronavirus si trasmette anche con aerosol”

La questione che il contagio possa avvenire in maniera importante anche attraverso l’aria, o meglio attraverso gli aerosol virali, torna prepotentemente alla ribalta ora che sul tema sono emerse nuove prove scientifiche. “La trasmissione è diversa da quella dovuta alle microgocce e alle mani sporche – argomenta il collettivo – . È già stato dimostrato per altri coronavirus, come Sars e Mers, e ora è stato riconosciuto dall’OMS della Sanità per il Sars-Cov-2”.

Il riferimento è alla revisione della posizione dell’OMS su questa via di contagio: in un approfondimento scientifico sulla diffusione di Covid-19 dello scorso 8 luglio, l’Organizzazione ha fatto riferimento alle particelle virali di dimensioni più piccole (chiamate appunto goccioline di aerosol o aerosol) che sono in grado di rimanere sospese nell’aria anche per lunghi periodi. Questi aerosol possono contenere quindi il virus e “possono essere potenzialmente inalate da altri soggetti se questi non indossano adeguati dispositivi di protezione individuale” ammetteva l’OMS che, davanti alle pressioni della comunità scientifica e in attesa di “ulteriori studi urgentemente necessari” per valutare questa via di diffusione, non ha potuto non tener conto del rischio di contagio legato agli aerosol.

Come detto, rispetto allo scorso luglio, si sono però aggiunti i risultati di nuove ricerche che, per quanto debbano ancora essere sottoposte a peer-review (la revisione paritaria effettuata dai membri della comunità scientifica che verifica l’idoneità alla pubblicazione su riviste specializzate) dimostrano la presenza di virus infettivi negli aerosol. “I pazienti producono un aerosol di virus contagioso vitale – sottolinea il collettivo citando il recente preprint dell’Università della Florida – . Sappiamo quindi oggi che la trasmissione aerea è una delle principali vie di diffusione di Covid-19 e che i gesti di barriera, sebbene ancora indispensabili, sono insufficienti per proteggerle negli spazi chiusi”.

In un’azienda o al lavoro, alla posta o in classe, sia che siamo seduti o in piedi, immobili o in movimento, l’aria circola allo stesso modo intorno a noi e, se non la si rinnova spesso, il virus si diffonde e si accumula, come il fumo di sigaretta in inverno in ambienti chiusi. Se il fumo di sigaretta può arrivare a noi, può farlo anche Sars-Cov-2. E più il virus si accumula nell’aria, a causa di un gran numero di persone infette che lo emettono o a causa di un lungo tempo di esposizione, più si rischia il contagio”.

Con queste premesse, il collettivo ha voluto sottolineare come sia “essenziale indossare una mascherina” in tutti gli spazi confinati, ricordando “l’assoluta necessità della disponibilità di mascherine FFP2 per tutti gli operatori sanitari esposti affinché gli oltre 50.000 contagi degli ultimi mesi non si ripetano”. In tal senso, concludono gli specialisti, rimane poco tempo per “l’emergere della consapevolezza, per l’emergere di un consenso medico e politico costruttivo e per l’adozione urgente di vere misure preventive e protettive” dal momento che la settimana di Ferragosto ha segnato per molti la fine delle ferie, cui seguirà il ritorno al lavoro in ambienti chiusi e l’organizzazione della ripresa delle attività scolastiche e universitarie. “All’inizio di marzo – chiosa l’appello – tutti non sapevamo tutto. Ma oggi lo sappiamo tutti”.

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