Il coronavirus non è stato creato in laboratorio: un nuovo indizio smentisce la teoria
In un pipistrello asiatico è stato identificato un parente “stretto” del coronavirus SARS-CoV-2, una scoperta che fornisce un ulteriore indizio sull'origine naturale del patogeno. Da quando l'epidemia di COVID-19 (l'infezione causata dal virus) ha infatti iniziato a diffondersi nel mondo, diventando una catastrofica pandemia che ha infettato 4,2 milioni di persone e ne ha uccise 292mila, in molti hanno iniziato a credere che il patogeno possa essere stato creato in laboratorio, o comunque essere “fuggito” dalle mani dell'uomo. A suffragio di questa teoria, da sempre avversa dalla totalità della comunità scientifica o quasi, la presenza di un laboratorio di massima sicurezza biologica (BLS4) a Wuhan, la metropoli da 11 milioni di abitanti dove il coronavirus avrebbe compiuto il salto di specie (spillover) a novembre dello scorso anno – secondo uno studio italiano – e da dove si è poi diffuso nel resto del mondo. Nonostante diverse ricerche abbiano più volte smentito la teoria dello sviluppo artificiale, sostenuta anche dall'amministrazione Trump, le prove non sono state sufficienti a convincere una larga fetta dell'opinione pubblica. Oggi arrivano i risultati di una nuova ricerca a sostegno dell'origine naturale del SARS-CoV-2.
Tra le caratteristiche più insolite del patogeno pandemico ci sono le due subunità di inserzione (S1 ed S2) della Proteina S o Spike, quella che circonda la superficie della particella virale e che serve al virus per legarsi al recettore delle cellule umane, scardinare la parete cellulare come un grimaldello, entrare all'interno e avviare il processo di replicazione, che poi scatena la COVID-19. In parole semplici, durante questo processo la Proteina S si suddivide nelle porzioni S1 ed S2, delle quali la prima si lega direttamente al recettore ACE2, mentre la seconda al TMPRSS2, un altro enzima chiamato proteasi serinica della superficie cellulare umana. Questa interazione è considerata molto peculiare dagli scienziati, ed è la caratteristica che secondo alcuni spiegherebbe la manipolazione dell'uomo, la creazione in laboratorio del coronavirus. Ebbene, in un pipistrello per la prima volta è stato trovato un coronavirus affine al SARS-CoV-2 che presenta la medesima caratteristica strutturale. Ciò significa che il meccanismo a inserzione della doppia subunità può emergere in natura, e che dunque non è necessario l'intervento umano per "crearla".
A scoprire il parente del coronavirus è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Shandong e del The First Affiliated Hospital, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Accademia Cinese delle Scienze, dell'Istituto di Scienze della Vita di Pechino, dell'Istituto di Virologia di Wuhan e del Marie Bashir Institute for Infectious Diseases and Biosecurity di Sydney, Australia. Gli scienziati, coordinati dal professor Weifeng Shi, direttore e docente dell'Istituto di Biologia dei Patogeni dell'ateneo di Shandong, hanno individuato il coronavirus affine al SARS-CoV-2 (chiamato RmYN02) dopo aver analizzato 227 campioni di pipistrelli raccolti tra maggio e ottobre del 2019, in una grotta della provincia dello Yunnan. Nello specifico, è stato trovato nel pipistrello a ferro di cavallo malese (Rhinolophus malayanus), appartenente a una famiglia nella quale circolano naturalmente molti coronavirus e da cui si sarebbero sviluppati anche i patogeni della SARS e della MERS. Durante il processo evolutivo hanno compiuto il salto di specie a un ospite intermedio (rispettivamente lo zibetto e il dromedario) che poi l'ha passato all'uomo. L'ospite intermedio del SARS-CoV-2 non è stato ancora individuato, ma si pensa possa essere il pangolino.
Il virus RmYN02 non è un antenato diretto del nuovo coronavirus, tuttavia condivide ben il 97,2 percento del profilo genetico di un gene chiamato 1ab (la più elevata corrispondenza mai riscontrata) e il 93,3 percento del genoma nel complesso. Il coronavirus più vicino in assoluto al SARS-CoV-2 è il RaTG13, che condivide il 96,1 percento del proprio RNA. Anche questo è stato trovato in un pipistrello del genere Rinolophus. La caratteristica saliente di RmYN02 risiede nella stretta somiglianza della struttura dell'inserzione degli amminoacidi a livello delle subunità S1 ed S2, analogo a quella del SARS-CoV-2. Ciò, come specificato, indica che una simile struttura può originare in natura e dunque non è necessario l'intervento umano per crearla. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Current Biology.