Il coronavirus non è stato creato in laboratorio: lo prova una ricerca
Il nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) responsabile della pandemia che sta sconvolgendo il mondo non è stato creato in laboratorio, ma ha un'origine naturale. A confermarlo è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del prestigioso The Scripps Research Institute di La Jolla (California – Stati Uniti), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Istituto di Biologia Evoluzionistica presso l'Università di Edimburgo (Regno Unito), della Scuola di Salute Pubblica “Mailman” dell'Università Columbia di New York e del Marie Bashir Institute for Infectious Diseases and Biosecurity dell'Università di Sydney, Australia. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Medicine.
Gli scienziati, coordinati dal professor Kristian G. Andersen, docente presso il Dipartimento di Immunologia e Microbiologia dell'istituto statunitense, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato a fondo il profilo genetico del patogeno. “Confrontando i dati disponibili sulla sequenza del genoma per ceppi di coronavirus noti, possiamo stabilire con certezza che il SARS-CoV-2 ha avuto origine attraverso processi naturali”, ha affermato lo scienziato in un comunicato stampa pubblicato dal The Scripps Research Institute.
Dopo l'avvio del primo focolaio epidemico nella città di Wuhan, nel cui mercato del pesce si ritiene che il coronavirus abbia fatto il salto di specie da un animale (non ancora identificato) all'uomo tra il 20 e il 25 novembre dello scorso anno, gli scienziati cinesi si sono immediatamente messi a lavoro per sequenziarne il genoma, e dopo aver raggiunto l'obiettivo hanno condiviso i risultati con la comunità scientifica internazionale. Proprio studiando questi dati il team guidato dal professor Andersen è riuscito a confermare l'origine animale del coronavirus. Allo scoppio dell'epidemia, recentemente divenuta pandemia dopo l'annuncio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si era infatti parlato della possibile creazione del virus in laboratorio, e ad alimentare questo “sospetto” vi era anche il fatto che nella metropoli da 11 milioni di abitanti dello Hubei si trova una struttura con il massimo livello di biosicurezza (BLS4) per il contenimento di agenti infettivi.
Andersen e colleghi si sono concentrati su una caratteristica specifica del coronavirus, la proteina spike (le spicole) presente sulla sua superficie, che legandosi al recettore ACE-2 delle cellule umane permette di penetrare al loro interno e avviare il processo di replicazione. Il legame tra la sua componente chiamata “dominio legante i recettori” o RBD e ACE-2 è talmente perfetto che secondo gli scienziati può essere emerso solo attraverso la selezione naturale, e non con l'ingegneria genetica. “Se qualcuno avesse voluto ingegnerizzare un nuovo coronavirus come patogeno, lo avrebbe costruito a partire dalla “spina dorsale” di un virus noto per causare malattie”, si legge nel comunicato dell'istituto americano, “ma gli scienziati hanno scoperto che la spike del SARS-CoV-2 differiva sostanzialmente da quella dei coronavirus già noti, e assomigliava per lo più a quella di virus correlati trovati in pipistrelli e pangolini”. “Queste due caratteristiche del virus, le mutazioni nella porzione RBD della proteina spike e la sua distinta ‘spina dorsale', escludono la manipolazione di laboratorio come una potenziale origine per SARS-CoV-2”, ha dichiarato Andersen. “Il virus è il prodotto dell'evoluzione naturale, ciò pone fine a qualsiasi speculazione sull'ingegneria genetica deliberata”, hanno dichiarato gli autori.