Identificato l’odore della morte per trovare cadaveri e carne scaduta

Quando si parla di “odore di morte” ci si riferisce ad un qualcosa di pungente, quasi nauseante e difficile da dimenticare, per lo meno così viene descritto da coloro che hanno avuto modo di sentirlo. A rendere unico questo odore sarebbero 400 composti organici volatili mescolati in proporzioni differenti e prodotti dall'azione di un batterio che trasforma i tessuti del corpo umano in gas e sali.
Secondo quando dichiarato dall'autore dello studio che ha portato a questa scoperta, Moheb Costandi, la composizione della miscela di gas varia con il progredire della decomposizione, in relazione alla popolazione di batteri presenti intorno e dentro al corpo e in base alle interazioni fra questi. Fondamentali sono anche l'habitat, la genetica e la dieta della persona deceduta.
Per quanto le percentuali che compongono l'odore possano variare, ci sono comunque alcune componenti fisse che potrebbero aiutare i medici forensi a scoprire l'esatta ora in cui è deceduta una vittima. Di solito l'odore della morte viene analizzato utilizzando una tecnica chiamata gascromatografia che permette di separare i composti al fine di determinarne la concentrazione. I principali composti dell'odore della nostra fine sono le molecole, entrambe repellenti per molti animali, cadaverina e putrescina, prodotte dalla rottura degli amminoacidi degli organismi e scoperte nel 1885 dal fisico tedesco Ludwig Brieger.
La scoperta attuale e quella di due secoli fa permettono di aprire una porta su un futuro naso elettronico che dovrà essere capace di rilevare l'odore della morte e da utilizzare ad esempio in caso di disastri naturali, come terremoti, o di occultazione di cadavere, proprio come un vero ‘death detector'. Inoltre, fa sapere Costandi, potrà essere impiegato per stimare la freschezza di carne e pesce con l'obiettivo di evitare che sul mercato vengano messi prodotti scaduti.