I vaccini di Pfizer e AstraZeneca fanno crollare i ricoveri per Covid in Scozia: calo fino a -94%
La massiccia campagna vaccinale nel Regno Unito contro il coronavirus SARS-CoV-2 sta funzionando egregiamente. Un nuovo studio preliminare condotto dalla Public Health England (PHE), l’Agenzia governativa del Dipartimento di Sanità e Assistenza sociale, ha infatti evidenziato un vero e proprio crollo dei ricoveri ospedalieri in Scozia. In base ai dati, che saranno pubblicati nei prossimi giorni ma già comunicati dalle principali testate britanniche, è stato osservato un netto calo dei ricoveri entro la quarta settimana dalla somministrazione della prima dose, sia con la preparazione di Pfizer-BioNTech che con quella di AstraZeneca-Oxford-Irbm: nel primo caso è stato registrato un calo dei dell'85 percento, mentre nel secondo del 94 percento.
Significativa anche la diminuzione dei ricoveri tra gli ultraottantenni, una delle fasce di età più a rischio di sviluppare complicazioni potenzialmente fatali della COVID-19 e dunque anche di finire in ospedale; complessivamente gli epidemiologi hanno osservato una riduzione complessiva dell'81 percento. Lo studio preliminare ha analizzato i dati del progetto EAVE II (acronimo di Early Assessment of COVID-19 epidemiology and Vaccine/anti-viral Effectiveness) coordinato da scienziati dell'Usher Institute presso l'Università di Edimburgo (Scozia). Nello specifico, hanno messo a confronto le statistiche relative a 1,14 milioni di vaccinati (tra martedì 8 dicembre 2020 e lunedì 15 febbraio) con quelle di una coorte analoga, ma non ancora vaccinata. In questo lasso di tempo circa ottomila persone del campione sono finite in ospedale per COVID-19, ma solo 58 di esse avevano ricevuto il vaccino in precedenza.
“Questi risultati sono molto incoraggianti e ci hanno dato ottimi motivi per essere ottimisti per il futuro. Ora abbiamo prove a livello nazionale – in un intero Paese – che la vaccinazione fornisce protezione contro i ricoveri per COVID-19”, ha dichiarato al Guardian il professor Aziz Sheikh, capo ricercatore dello studio sui vaccini in Scozia e direttore dell'Usher Institute. Gli ha fatto eco la dottoressa Josie Murray della Public Health Scotland, dichiarando che i risultati dello studio sono una “notizia brillante”, che conferma il funzionamento del programma di vaccinazione. “Questi risultati sono importanti e sanciscono il passaggio dalla speranza alla solida evidenza del beneficio dei vaccini”, ha aggiunto il dottor Jim McMenamin, direttore nazionale dell'emergenza coronavirus presso la Public Health Scotland. “In tutta la popolazione scozzese i risultati mostrano un effetto significativo sulla riduzione del rischio di ricovero in ospedale grazie a una singola dose di vaccino. Incoraggio chiunque a vaccinarsi”, ha chiosato lo scienziato. Il professor Chris Robertson, docente di epidemiologia e salute pubblica presso l'Università di Strathclyde, ha infine affermato che questi dati preliminari danno una ragione per essere più ottimisti “sul controllo della pandemia”.
Ricordiamo che sia il vaccino anti COVID “AZD1222” (o ChAdOx1) di AstraZeneca-Oxford-Irbm che il tozinameran/BNT162b2 di Pfizer BioNTech vanno somministrati in due dosi, con la seconda a distanza di alcune settimane dalla prima. Tuttavia nel Regno Unito si è deciso di optare per una strategia diversa, somministrando la seconda a tre mesi di distanza dalla prima. I risultati positivi evidenziati da questo studio preliminare mostrano comunque che si tratta di una strategia potenzialmente valida. Ad oggi il Regno Unito ha somministrato 18,20 milioni di dosi di vaccino anti COVID e punta a coprire l'intera popolazione adulta entro il mese di luglio. I risultati scozzesi sono positivi come quelli emersi in Israele, dove la campagna sta procedendo più velocemente che in qualunque altro Paese.