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I taglialegna illegali minacciano ancora le tribù incontattate del Brasile

E’ scaduto il termine per salvare gli Awà, ma il Governo brasiliano continua a non dare alcuna risposta: e per gli indigeni la foresta diventa un luogo sempre più ostile.
A cura di Nadia Vitali
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Del loro popolo non sono rimasti che circa 450 individui, un centinaio dei quali vive senza aver alcun tipo di contatto con altri uomini: sono gli Awá, una delle tante tribù indigene che da secoli dimorano in quelle immensa foresta che si estende lungo il Sud America, riparo e fonte di sussistenza da tempi immemori di queste genti a dispetto di confini territoriali, cambiamenti di governo e mutamenti nelle politiche nazionali. Eppure, nonostante la relativa distanza dal consorzio umano, la storia ha fatto irruzione nelle piccole società degli Awá già decenni addietro, portando un “progresso” del quale gli indigeni non beneficiano neanche in minima parte. Anzi, oggi ad essere seriamente a rischio è la loro stessa sopravvivenza, in quel Brasile che «ha già distrutto innumerevoli tribù», come ricorda il direttore generale di Survival International Stephen Corry.

«Per gli Awá non è ancora troppo tardi, ma presto lo sarà»: essi, infatti, sono attualmente in estremo pericolo di estinzione dal momento che la loro casa, la foresta, è braccata dalla costante minaccia dei taglialegna illegali e dei coloni che hanno già disboscato circa il 30% dei loro territori e che sono in procinto di avvicinarsi ai villaggi dove vivono le piccole comunità di indigeni. Tra i nativi si è diffusa ormai da tempo la paura di muoversi liberamente per andare a caccia in quelli che furono i luoghi in cui vissero indisturbati e sereni i propri progenitori, mentre il timore di possibili aggressioni sembra sempre più prendere la forma concreta della realtà. Al contempo, grande è la preoccupazione per quel centinaio di Awá incontattati ai quali potrebbe essere fatale anche la trasmissione di virus banali come quello del raffreddore: la storia ha già molto da insegnare in proposito, a chi ha voglia di ascoltare. Già negli anni '80, la costruzione di una linea ferroviaria che serviva al trasporto di materiali provenienti da una miniera di ferro comportò non soltanto il diffondersi di malattie ma anche il proliferare della violenza e di veri e propri massacri ai danni dei nativi.

Eppure scarsissimi sono i segnali di attenzione alla situazione che arrivano dal Governo brasiliano: oltre un anno fa un giudice federale aveva richiesto l'espulsione di tutti gli estranei che occupavano le terre degli Awá entro la fine di marzo 2013. L'impegno delle autorità locali affinché venisse rispettata tale istanza è stato, secondo la denuncia di Survival, praticamente nullo; con il risultato che, ancora oggi, niente sembra poter impedire ai taglialegna di devastare la foresta ed aggredire chi vive nascosto tra i suoi alberi. Insomma, per questo piccolo e prezioso popolo, responsabile indirettamente anche della salvaguardia di un'area naturalistica che merita la massima protezione poiché riserva e patrimonio di biodiversità, pare che non ci sia nessuno realmente intenzionato a mettere in campo una seria politica di salvaguardia. E se l'appello lanciato da una star del cinema come Colin Firth ha avuto come risultato quello di mobilitare una insperata massa di individui che ha partecipato vivamente alla questione, inviando oltre 50 000 lettere al Ministero della Giustizia brasiliano, attualmente il dipartimento degli affari indigeni è ancora in attesa del sostegno da parte del Governo centrale.

awa

Ma se «gli Awá dell’Amazzonia nord-orientale sono diventati la tribù più minacciata del mondo», le esistenze di tutte le altre popolazioni di nativi sono comunque sull'orlo di un profondo e pericoloso baratro: come riferito da Survival, proprio pochi giorni fa centinaia di indiani brasiliani hanno invaso ed occupato le sedi del Congresso per manifestare la proprio volontà contro i tentativi di modifiche delle leggi che riguardano i loro diritti territoriali. Un emendamento della Costituzione, volto ad indebolire ulteriormente la posizione dei nativi, potrebbe tradursi nell'ennesimo ostacolo verso quel processo di riconoscimento della terra ancestrale a coloro i quali vi dimorano da tempi immemori. Quella foresta di cui conoscevano ogni segreto e della quale avrebbero potuto disegnare a memoria il percorso tra gli alberi, quella immensa casa che offriva riserve di miele, frutti e e selvaggina; oggi, questo lembo di Amazzonia è sempre più insultato, degradato, aggredito e, assieme ad esso, lo sono gli Awá ma anche tutti coloro i quali riconoscono l'importanza per il nostro Pianeta di essere preservato, soprattutto nelle sue aree più incontaminate.

Dall'arrivo degli Europei in Brasile sono trascorsi ormai cinquecento anni: cinque lunghi secoli durante i quali un genocidio ininterrotto ha decimato le popolazioni autoctone, privando i superstiti di buona parte delle loro terre. Questo processo, che sembra riecheggiare memorie colonialiste sepolte dalla polvere del tempo, è in verità più che mai ancora in corso: dighe, progetti industriali, allevamenti intensivi e disboscamento massiccio minacciano le tradizionali fonti di sostentamento dei popoli delle foreste, dei quali pochissimi (i Maku e gli Awá) vivono ancora come cacciatori e raccoglitori nomadi; molte delle altre tribù coltivano vegetali che servono loro come nutrimento e medicamenti farmaceutici. Gli indigeni costituiscono, più o meno consapevolmente, una forma di salvaguardia per le aree vergini; in virtù di ciò, sono spesso oggetto di minacce e violenze da parte di guardie armate, allevatori, latifondisti che guardano ai nativi esclusivamente come ad un ostacolo per le proprie velleità economico-espansionistiche. A ciò si aggiunge un consolidato razzismo nei confronti di questa gente, reso ancor più esplicito grazie alla legge brasiliana che «considera gli indiani alla stregua dei minorenni» e che non riconosce (unico Paese in tutto il Sud America) i diritti sulla terra dei popoli tribali, condannandoli a vivere braccati in timorosa attesa della prossima aggressione che potrebbe arrivare dalla mano dell'uomo.

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