I single rischiano il 50% in più di morire di infarto rispetto alle persone sposate
Il matrimonio protegge dagli infarti e aumenta le possibilità di sopravvivere in caso di ictus e attacchi cardiaci. Uno studio sui meta-dati (studio che riassume i dati di ricerche e metodi differenti) indica che le persone single hanno più possibilità di morire per attacco cardiaco rispetto a quelle sposate, tanto da consigliare ai dottori di inserire lo stato civile come fattore di rischio per una prematura mortalità.
Malattie vascolari. É stato calcolato che le malattie vascolari come infarti e ictus uccidono più di 18 milioni di persone l'anno nel mondo e sono la principale causa di morte nel nostro paese. L'80% delle motivazioni cliniche che portano a queste patologie è conosciuto e spazia dal fumo, al diabete, sesso, alta pressione sanguigna e colesterolo alto. Una nuova enorme ricerca porta a pensare di includere anche il non sposarsi fra le maggiori cause, analizzando, attraverso lo studio di metadati, 35 ricerche diverse dal 1963 al 2015 su 2 milioni di persone fra 42 e 77 anni provenienti da Europa, Scandinavia, Nord America, Medio Oriente e Asia.
Ricerca. Lo studio statistico sottolinea che chi non si è mai sposato ha un 42% in più di possibilità di sviluppare malattie cardiovascolari, il 16% coronariche e il 50% in più di morire per queste. Ma non vi lanciate in matrimoni affrettati perché anche ai divorziati non va molto meglio con un 35% di avere cardiopatie e un 16% in più di avere ictus. Gli autori comunque mettono in guardia sul fatto che i fattori di aggiustamento usati nei vari studi analizzati sono molto differenti e potrebbero aver influito nel risultato finale e in oltre non hanno tenuto conto delle coppie omosessuali, sulla qualità del matrimonio e sulla possibilità di convivenze o separazioni .
Conclusioni. Le teorie sul perché sposarsi possa avere un potere protettivo sono tante, come la capacità di riconoscere i sintomi anticipatamente, una migliore somministrazione dei farmaci, uno stile di vita più sano e delle reti sociali più stabili. "La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sul fatto che lo stato civile sia un indicatore di comportamenti avversi e profili di rischio cardiovascolare o se lo stato civile debba essere considerato come un fattore di rischio di per sé" concludono gli autori.