I primi passi dopo il trapianto di gambe
Nel suo paese c'è già chi lo ha soprannominato «dottor miracolo» e forse l'ultima impresa in cui è riuscito il chirurgo spagnolo Pedro Cavadas ha un po' il vago sapore del prodigio: perché se è vero che la scienza e la medicina vanno avanti senza fermarsi mai, non si può non rimanere stupefatti dinanzi ai progressi più sorprendenti. A luglio, un ventenne che aveva dovuto subire l'amputazione degli arti inferiori in seguito ad un gravissimo incidente era stato sottoposto al primo trapianto al mondo di entrambe le gambe.
Un'equipe di 50 medici e quattordici ore di intervento, durante le quali ossa, tendini, vene e arterie sono state congiunte e legate, fino a quando le gambe non sono risultate perfettamente saldate al corpo; restituendo, così, al giovane condannato alla sedia a rotelle la speranza di poter, un giorno, riprendere a camminare. Gli esperti sottolineano che il recupero riguarderà circa il 50% delle funzioni originarie, ma la notizia già di per sé non può non suscitare ottimismo.
A cinque mesi dall'intervento giunge la comunicazione che il giovane, la cui identità è rimasta segreta per motivi di privacy, risponde bene e che il decorso post operatorio non sta comportando difficoltà. Finalmente i primi passi ed i primi movimenti con le ginocchia, in una piscina del La Fe Hospital di Valencia: timidi segnali che fanno pensare che, un giorno, quello che sembrava un miraggio, diventerà realtà. Saranno, tuttavia, necessari ancora molti mesi perché il paziente possa rimettersi del tutto, imparando ad utilizzare i nuovi arti.
Per il dottor Pedro Cavados, che con la sua fondazione si dedica, soprattutto, a bambini che hanno subito ferite da arma in aree dell'Africa in cui l'accesso ai medicinali è un privilegio destinato a pochi, non è il primo intervento di microchirurgia di questo genere: nel 2006 aveva già trapiantato ad una donna colombiana di 47 anni entrambi gli avambracci e le mani; nel 2009 aveva eseguito l'ottavo trapianto al mondo di volto, il primo della storia ad includere anche lingua e mandibola. «Dottor miracolo» forse è proprio il nome che meglio si adatta al chirurgo spagnolo.