Due studi scientifici per comprendere le menti geniali. Albert Einstein è ampiamente considerato un genio, ma ha davvero una mente superiore? Molti ricercatori sono convinti che solo un cervello molto speciale possa arrivare a sviluppare la teoria della relatività così come le altre straordinarie intuizioni che costituiscono i fondamenti della fisica moderna. Il Rap Freestyle, invece, ha meno a che vedere con la scienza delle particelle e l’aritmetica, ma anch’esso è frutto di capacità straordinarie del cervello. Gli scienziati, hanno sottoposto 12 rapper a una risonanza magnetica funzionale per comprendere le basi cerebrali della loro improvvisazione creativa.
Versi e rime dall’inconscio
Liu Siyuan e Allen Braun, neuroscienziati presso il U.S. National Institute on Deafness and Other Communication Disorders in Bethesda (Maryland), hanno voluto capire a fondo le basi neuronali delle doti del Rap Freestyle, un’abilità molto apprezzata nel hip hop. Allo studio, hanno partecipato dodici cantanti rap che hanno improvvisato versi e rime concatenati. Inoltre, è stato chiesto loro di memorizzare e recitare anche dei versi scelti dai ricercatori. Confrontando le scansioni cerebrali di rapper scattate durante l’improvvisazione, il freestyle, con quelle scattate durante la recitazione a memoria, gli scienziati sono stati in grado di individuare quali aree del cervello vengono usate durante l'improvvisazione. Le conclusioni di questo studio sono pubblicate sui rapporti scientifici di Nature.
I risultati hanno mostrato una minore attività nelle aree adibite alle regolari funzioni cerebrali e una maggiore attività in un'altra area, chiamata corteccia prefrontale mediale. Sembra quindi che durante l’improvvisazione, il cervello creativo riesca in qualche modo a “silenziare” le attività regolari concentrando tutte le energie alla creazione estemporanea. La performance sembra essere una produzione che "si verifica al di fuori della consapevolezza cosciente", scrivono gli autori. Michael Eagle, repper e co-autore dello studio, concorda: "È un po' la natura di questo tipo di improvvisazione, non siamo sicuri al 100% da dove la traiamo”.
La genialità dei cervelli umani trova molte vie d'espressione. Dalle arti figurative, all'improvvisazione, alla scienza. Nella storia, le menti scientifiche straordinarie sono state molte. Fra quelle che ci hanno affascinato di più, Albert Einstein, fisico premio Nobel, è uno dei pochi il cui cervello è stato sottoposto ad accurate analisi per scoprire cosa ci fosse di così speciale nei suoi intrecci di materia grigia.
Fotografare l'intelligenza di uno scienziato
Dopo la morte di Einstein nel 1955, il suo cervello viene sezionato in migliaia di preparati per microscopio. Ora, questi reperti sono conservati all’U.S. Army's National Museum of Health and Medicine, a Silver Spring (Maryland). Diverse analisi durante e dopo l'autopsia, hanno rivelato che il cervello di Einstein era sì più piccolo rispetto alla media, ma conteneva un numero insolitamente elevato di glia (cellule non neuronali che aiutano i neuroni a trasmettere gli impulsi nervosi). Recenti studi sul cervello del genio rivelano ulteriori caratteristiche che distinguerebbero una mente speciale. Dean Falk, antropologa della Florida State University di Tallahassee, e i suoi colleghi hanno ottenuto il permesso di analizzare 12 delle fotografie originali di Harvey e le hanno confrontate con modelli di 85 cervelli descritti in altri studi. I relativi risultati e le immagini del cervello del genio della fisica sono stati pubblicati il 16 novembre sulla rivista scientifica Brain.
La storia di un cervello geniale
La storia del cervello di Einstein è una lunga saga che ha avuto inizio nel 1955, quando il fisico premio Nobel muore a Princeton, nel New Jersey, all'età di 76 anni. Lo scienziato Thomas Harvey, ottenuto il permesso dal figlio di Einstein di effettuare studi sul cervello del genio, ha tagliato la materia grigia in ben 2.000 sezioni sottilissime per procedere con lo studio al microscopico. Negli anni successivi ha distribuito i preparati microscopici e le fotografie del cervello ad almeno 18 ricercatori di tutto il mondo. Nel corso dei decenni, solo sei pubblicazioni hanno riportato risultati avvincenti. Da alcuni di questi studi sono emerse interessanti caratteristiche del cervello di Einstein. Due studi di anatomia dell’encefalo, tra cui uno pubblicato nel 2009 dalla stessa Dean Falk, hanno scoperto che i lobi parietali di Einstein erano particolarmente sviluppati, fatto che probabilmente è legato alla sua notevole capacità di concettualizzare i problemi della fisica. Con gli utlimi studi si è evidenziata l'importanza dello sviluppo della sua corteccia prefrontale, importante per il tipo di pensiero astratto che Einstein ha dimostrato di avere nei suoi famosi esperimenti di pensiero scientifico sulla natura dello spazio e del tempo. Tuttavia, i ricercatori non sanno ancora esattamente in che modo le contorte pieghe del cervello abbiano potuto tradursi nelle sue sorprendenti abilità intuitive.