I falsi miti sull’ora legale
Come ogni anno sul finire di ottobre saremo chiamati a spostare le lancette dell'orologio indietro di un'ora (guadagnando quindi un'ora in più di sonno), per tornare all'ora solare abbandonando quella legale. Qualcuno spera sempre che sia per l'ultima volta. Ed effettivamente non avrebbe tutti i torti, leggiamo perché.
Chi ebbe l'idea? Tanto per cominciare non fu Benjamin Franklin a inventarsi l'ora legale. L'equivoco nacque dal fraintendere una sua opera satirica pubblicata anonimamente nel 1794 in Francia. Il patriota americano voleva prendere in giro quel che secondo lui era un malcostume dei parigini: si alzavano spesso troppo tardi. Il vero padre fu invece l'entomologo George Vernon Hudson nel 1895.
Ora legale e disturbi cardiaci
Sono stati pubblicati diversi studi i quali dimostrerebbero che il passaggio all'ora legale causerebbe problemi di salute, addirittura la morte. Il trauma di dover spostare di un'ora le lancette potrebbe causare addirittura attacchi cardiaci.
Il "paradosso" del jet-lag. Tuttavia non si spiega come mai il jet-lag – ben più traumatico – sperimentato da tanti viaggiatori ogni giorno, non causi significativi casi di arresti cardiaci nel Mondo. Ad oggi non esistono sufficienti studi in merito, idem dicasi per gli incidenti stradali.
L'ora legale ha una sua utilità?
D'altro canto anche le "tesi ufficiali" dei paesi che hanno adottato l'ora legale da marzo a ottobre, riguardo a presunti benefici dal punto di vista della produzione e del risparmio energetico, non sembrano supportati da basi solide. Le tabelle sul risparmio energetico che ne conseguirebbe spesso non si avvalgono di metodologie chiare.
L'idea poteva andar bene nel dopoguerra, ma oggi sono cambiate molte cose; a cominciare dai ritmi di lavoro e dall'impiego di energia e tecnologia, tanto nel tempo libero quanto in quello di produzione. L'ora legale quindi risulta irrilevante rispetto all'estrema variabilità di abitudini, regioni geografiche, organizzazione del lavoro e consumo energetico. Il Cicap pubblicò nella sua rivista una ricerca interessante in merito. Se da un lato si possono riscontrare vantaggi nelle attività che si svolgono all'aperto – specialmente le ristorazioni – per tutti gli altri è vissuto, al peggio, come una "rottura di scatole".