I bambini rischiano di diventare ansiosi per colpa dei genitori
Uno studio della University of Wisconsin-Madison, intitolato “Intergenerational neural mediators of early-life anxious temperament” e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), dimostrarebbe come l'ansia e le depressione possano essere ereditarie.
Il test è stato effettuato su 600 esemplari di macaco Rhesus, appartenenti a diverse generazioni di famiglie, messi a confronto con una situazione leggermente preoccupante, come trovarsi di fronte ad un estraneo che evita il contatto visivo. Questo tipo di circostanza è stata scelta poiché potrebbe facilmente verificarsi nella vita di tutti i giorni di un bambino.
Per capire quali aree del cervello, responsabili della trasmissione dell'ansia da generazione a generazione, si attivassero, i ricercatori hanno misurato il comportamento ansioso attraverso immagini del cervello ad alta risoluzione. Per farlo hanno utilizzato la tomografia a emissione di positroni (PET), una tecnica diagnostica che fornisce bioimmagini che ‘raccontano' i processi funzionali all'interno del corpo.
Una volta messe a confronto le differenze tra le funzioni cerebrali dei vari soggetti e i comportamenti ansiosi riscontrati all'interno del gruppo famigliare, gli autori sarebbero riusciti ad identificare un sistema nel cervello addetto della trasmissione, da genitore a figlio, dell'ansia.
Utilizzando questo tipo di approccio, i ricercatori avrebbero scoperto un circuito neurale all'interno del quale il metabolismo e il temperamento ansioso dei primi anni di vita condividerebbero le stesse caratteristiche genetiche. Questo stesso circuito coinvolgerebbe tre aree del cervello: il tronco encefalico, sede dei centri che regolano il respiro e la temperatura corporea, l'amigdala, che gestisce le emozioni e la paura, e la corteccia prefrontale, che guida i pensieri e l'espressione della personalità.
I dati raccolti da questo studio aiuterebbero dunque a spiegare come i geni possano influenzare le funzioni cerebrali e portare l'infante a sviluppare stati d'ansia che, con il tempo, potrebbero peggiorare e portare anche a disturbi depressivi.