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Gomorra è una serie Tv, non un’esperienza di guerra

Tornano le ennesime accuse infondate contro serie Tv e videogame.
A cura di Juanne Pili
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Secondo alcuni psichiatri italiani esisterebbe una “sindrome di Gomorra”, ovvero un disturbo mentale che potrebbe generarsi guardando serie Tv e giocando ai videogame, parliamo di quelli dove è possibile vedere immagini di violenza. Si tratterebbe di una variante moderna del Disturbo post-traumatico da stress. Vedere Gomorra in sostanza potrebbe causare dei “microtraumatismi” con effetti paragonabili a quelli di chi vive esperienze di guerra. I The Jackal ci scherzano sopra già da tempi non sospetti.

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Accuse pesanti: le serie Tv violente istigherebbero comportamenti antisociali come il bullismo, l’uso di armi, fino a pretendere di spiegare certi episodi di cronaca come quelli che riguardano l’omicidio-suicidio. Non è la prima volta che la cultura popolare viene accusata di traviare i giovani ispirando violenza. Pensiamo alle accuse mosse contro i fumetti dei supereroi in America, dove le principali case editrici furono costrette ad auto-censurarsi, anche X-files è stato oggetto di questo genere di accuse. Casi sporadici come quello avvenuto recentemente a Napoli non possono essere ritenuti rappresentativi.

L'infondatezza delle accuse contro i videogame. Questo genere di polemiche – con tanto di studi che non hanno trovato conferme definitive – investono anche i videogame, pensiamo alle accuse volte a Gta ogni volta che viene messa in commercio una nuova versione del gioco, dove si devono impersonare dei malavitosi, permettendo al giocatore di compiere nel virtuale diverse efferatezze. Proprio l’anno scorso uno studio svedese sottopose a seria revisione questo genere di accuse, definendole infondate.

Gli studi citati. Ci sembra azzardato accusare serie Tv come House of cards, Games of thrones e Gomorra di causare disturbi post traumatici da stress, paragonabili addirittura a quelli che subisce chi ha vissuto esperienze di guerra. Lo studio citato a sostegno di questa tesi è quello condotto dai ricercatori della della Brigham Young University dello Utah, riguarda un campione di 467 ragazzi e si basa sulla compilazione di una serie di questionari. Non possiamo escludere il bias di conferma dovuto al fatto che ovviamente un argomento violento stimolerà ricordi di quel tenore, scartando ben altre situazioni. Viene citato anche un più recente studio condotto dal Drexel University College of Medicine di Philadelphia, questo si basa sull’analisi dell’amigdala, ritenuta il centro emozionale del cervello. I risultati sono stati ottenuti sottoponendo dei volontari a immagini digitali di violenza. Anche in questo caso il rischio di bias è forte: per quale motivo vedere immagini violente dovrebbe attivare centri del cervello che riguardano situazioni di serenità? In che modo correliamo le risposte dell’amigdala alla violenza concreta? Guardare immagini di morte fa sicuramente venire in mente la morte, questo non significa che istighino a procurarla.

Parliamo anche degli horror? Ciò che porta alla violenza evidentemente precede la produzione di serie Tv come Gomorra, occorre anche tener conto della fascia d’età per cui è stata pensata, che evidentemente non è quella della prima infanzia. Lo stesso discorso si potrebbe fare a questo punto per i film horror, genere adorato soprattutto dagli adolescenti.

Un caso concreto. E’ estremamente difficile che guardare scene violente sia sufficiente senza tener conto del contesto famigliare e sociale. A questo proposito citiamo il film documentario The wolfpack, presentato al Sundance Film Festival il 25 gennaio 2015. Ricostruisce fedelmente la vera storia di una famiglia americana i cui sette figli vengono cresciuti chiusi nel loro appartamento, ricevendo l’istruzione scolastica direttamente dai genitori, senza sentire l’esigenza di uscire se non in rare occasioni. Questi ragazzi in compenso non hanno mai avuto alcuna limitazione nella visione di film o nel giocare ai videogame. Per quanto fruissero regolarmente di immagini violente non hanno sviluppato alcun disturbo post-traumatico, né alcuna tendenza violenta. Si tratta di un caso estremo il cui interesse non riguarda certo l'idea di murare vivi i ragazzi, tuttavia proprio le condizioni straordinarie di questa famiglia pongono ulteriormente in crisi gli studi clinici che già di per sé appaiono molto deboli.

Il contesto sociale. Se noi prendiamo tutta la popolazione di ragazzi nel mondo che giocano ai game violenti e guardano film del genere non ci tiriamo fuori centinaia di milioni di delinquenti. Si dovrebbe registrare una correlazione significativa tra ragazzi che pur vivendo in contesti sociali sereni diventano violenti dopo essere esposti a giochi violenti o film violenti. Anche per questo la storia riprodotta nel documentario è importante, perché un fattore decisivo come il contesto sociale è stato isolato parecchio.

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