Gli uomini moderni si riproducono di più con i loro cugini rispetto ai primitivi: com’è possibile
Attualmente la popolazione umana sulla Terra sfiora gli 8 miliardi di individui, un numero in crescita costante che ha avuto un vero e proprio boom nell'ultimo secolo, passando dagli 1,5 miliardi di persone del 1900 al dato attuale. Nell'antichità e nella preistoria, naturalmente, gli esseri umani erano in numero decisamente esiguo e vivevano in piccoli gruppi assai distanti fra di essi, che non avendo mezzi di trasporto per compiere lunghi viaggi si incontravano di rado. In questa condizione vien da pensare che la consanguineità fosse piuttosto diffusa, eppure un nuovo studio scientifico dice che non è affatto così: solo il 3 percento dei DNA preistorici e dell'antichità analizzati mostra che i genitori erano cugini di primo grado. Per contro, in epoca moderna circa un matrimonio su dieci coinvolge cugini.
La consanguineità, com'è ampiamente noto, può rappresentare un serio problema dal punto di vista evolutivo, favorendo la trasmissione di malattie e riducendo la capacità di adattamento ai cambiamenti ambientali. Non è un caso che in moltissimi animali venga essa venga scongiurata attraverso strategie di allontanamento dei giovani – soprattutto maschi – dai branchi non appena sono sufficientemente grandi. Avviene ad esempio negli elefanti, in diversi cetacei, nelle scimmie e in moltissime altre specie. Tale adattamento è osservabile persino tra gli insetti. Se si escludono i casi eccezionali in cui sposare fratelli e altri parenti stretti (come tra i faraoni egiziani) era retaggio culturale, anche nell'essere umano tali incroci riproduttivi vengono evitati. Ma come indicato, si riteneva che la consanguineità dovuta a matrimoni fra cugini fosse molto più comune in passato, a causa delle difficoltà di spostamento e di incontro tra le varie comunità.
A dimostrare il contrario è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, Germania, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di genetica umana e del Dipartimento di Ecologia ed Evoluzione dell'Università di Chicago (Stati Uniti). Gli scienziati, coordinati dal professor Harald Ringbauer, docente presso il Dipartimento di Archeogenetica dell'ateneo tedesco, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato il DNA di circa 1.800 persone, vissute tra i 45mila anni fa e fino a pochi secoli fa. Come indicato, soltanto per 53 di esse il DNA ha dimostrato che i loro genitori erano cugini di primo grado (è possibile rilevarlo poiché l'incrocio lascia tracce genomiche sotto forma di sequenze di omozigosi rilevabili dal sequenziamento). Queste persone non erano concentrate in un periodo storico specifico, ma sparse per tutto l'arco temporale analizzato, suggerendo che l'accoppiamento tra cugini è sempre stato raro nel corso della storia/preistoria, o perlomeno negli ultimi 45mila anni, diventando molto più comune in epoca moderna.
I ricercatori hanno anche rilevato che la consanguineità/parentela di fondo, legata al fatto di vivere in comunità relativamente piccole, era comunque piuttosto presente, tuttavia essa è crollata quando si è diffusa l'agricoltura, che ha creato attorno ad essa popolazioni sempre più dense e con maggiore varietà genetica. I dettagli della ricerca “Parental relatedness through time revealed by runs of homozygosity in ancient DNA” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature.