Gli scienziati hanno risvegliato un virus
Lo studio dei virus, della loro evoluzione attraverso il tempo e del loro modo di modificarsi, è fondamentale per la comprensione di queste entità biologiche. Purtroppo, però, per difficoltà che è facile immaginare, per gli scienziati è stato possibile sequenziare soltanto un ristretto numero di virus "antichi": un po' perché questi mutano assai velocemente e un po' perché vanno chiaramente soggetti ad un degrado piuttosto rapido. Il record è stato toccato l'anno scorso con il "risveglio" di un virus gigante che era stato "in letargo" per 30.000 in Siberia.
Il ritrovamento di due sequenze virali
Per cercare di approfondire un po' la questione, il Eric Delwart dell'università della California di San Francisco, assieme ai suoi colleghi, ha analizzato una carota di ghiaccio vecchia di 4.000 anni all'interno della quale alcuni strati contenevano feci di caribù risalenti a 700 anni fa: il gruppo è così riuscito ad identificare due sequenze virali ben conservate. Una di queste costituiva quel che restava di un virus a RNA che i ricercatori hanno identificato come appartenente al genere dei Cripavirus, il quale attacca gli insetti: l'ipotesi più probabile è che il caribù avesse mangiato un insetto già infettato dal virus. Ma gli scienziati hanno soprattutto ricostruito l'intero genoma del secondo virus, questo a DNA, partendo dall'altra sequenza virale, conservata completamente: hanno così scoperto che questo virus non somiglia ad alcun virus moderno sequenziato. Tuttavia, notando un distante legame con la famiglia dei Geminiviridae, che comprende virus che colpiscono i vegetali, hanno provato a vedere se la "somiglianza" era concreta, infettando una pianta.
La conservazione criogenica
Nel tentativo di comprendere le caratteristiche di questo virus, hanno così infettato la Nicotiana benthamiana, una parente del tabacco che viene spesso usata dagli scienziati nell'ambito di esperimenti per studiare proprio la virulenza dei Geminiviridae. E così il virus ha iniziato la propria replicazione, anche se le piante infettate non mostravano sintomi di malattia: questo perché, forse, Nicotiana benthamiana non costituisce l'ospite ideale per il "virus resuscitato". Come ci sia arrivato nelle feci del caribù, secondo Delwart, è presto detto: assieme ai vegetali di cui si era nutrito l'animale. I ricercatori sostengono che il cambiamento climatico, con le sue conseguenze legate allo scioglimento dei ghiacci, potrebbe portare come conseguenza collaterale negativa proprio la "fuga" nell'ambiente di particelle virali le quali, come già dimostrato da studi precedenti, conservano il proprio potenziale infettivo. «Le nostre conclusioni indicano che genomi virali possono, in alcune circostanze, essere protetti per secoli dalla degradazione», sottolineano gli scienziati a conclusione dello studio pubblicato da PNAS.
[Immagine di apertura: Wikiepdia]